Alla domanda «che cosè lEuropa?» un numero impressionante di pensatori, giornalisti, cittadini e responsabili politici europei reagiscono affermando che non esiste una risposta, o meglio che nessuna risposta deve essere fornita. LEuropa, dicono, non è nulla di tangibile e questo nulla - lungi dal rappresentare un handicap - è il suo mandato, la sua vocazione, la sua virtù tardiva e cardinale.
Il filosofo francese Jean-Marc Ferry definisce lEuropa unidentità il cui principio è legato alla sua disposizione ad aprirsi alle altre identità. LEuropa, lessere europei significherebbe dunque non dovere nulla alla propria origine ed essere sradicati da se stessi.
Questo modo di percepire, di pensare lEuropa è dovuto al trauma di Auschwitz. La forma apocalittica che ha assunto lesclusione dellAltro nei campi della morte potrebbe essere riscattata dallavvento di unumanità che nessun dissidio interiore sarebbe in grado di fragilizzare o dividere. E lEuropa, essendo appunto stata il luogo del crimine, deve dare lesempio ed espiare il crimine cancellando il luogo. Lunica identità che può accettare è quella del ripudio di ogni brama identitaria; per non cedere nuovamente alla tentazione dellesclusione deve optare per la strada redentrice dellindeterminatezza. Fuggire lontani dallappartenenza: questa sarebbe la missione civilizzatrice e, innanzitutto, auto-civilizzatrice che si attribuisce lEuropa del «dovere di memoria».
Ed è sorretti da questa definizione della non-definizione che i sostenitori dellintegrazione della Turchia nellUnione Europea hanno accusato i loro avversari di lasciarsi guidare dalla retorica reazionaria della provenienza.
«Coloro che vogliono i turchi fuori dallUe scoprono il radicamento dellEuropa nelloccidente cristiano», dicono con sarcasmo. Questo radicamento rappresenterebbe ai loro occhi una caduta, anzi una ricaduta. Chiedersi se la Turchia fa parte dellEuropa - ovvero se questo Paese è rimasto ai margini del cosiddetto concerto europeo o se ha condiviso le esperienze che hanno modellato il vecchio continente e che gli hanno conferito la sua particolare fisionomia: il Cristianesimo, il Rinascimento, la Riforma, la Controriforma, lIlluminismo, il Romanticismo - vuol dire dimenticare che la stessa Europa non fa più parte dellEuropa e che questo distacco la libera finalmente dalla sua storia sanguinosa.
LEuropa deve fare di tutto per impedire il ritorno dei suoi vecchi demoni. Ma lo sta facendo bene? Cosa significa veramente questa sua proclamazione di apertura? Rinchiudere lAltro (in questo caso la Turchia) nellalternativa tra inclusione ed esclusione non significa rispettarlo in quanto Altro bensì militare attivamente in favore di un mondo privo di alterità. Significa istituire, sotto legida del diritto, delleconomia e della morale, limpero dellIdentico.
«Non sono nulla, dunque sono tutto», afferma oggi lEuropa autocritica, pentita, postnazionale e, in un certo senso, post-europea. A questa xenofilia senza xenos si aggiunge lesercizio di una memoria che dimentica tutto quello che non è stato criminale. In nome di Auschwitz, lEuropa, in quanto esperienza e destino, viene sostituita dallEuropa delle regole, delle procedure e dello sciovinismo di un presente che fonda il suo regno sulle macerie del nazionalismo e delletnocentrismo.
Prima di noi il diluvio! Prima delle nostre attuali instancabili lotte contro ogni discriminazione, il razzismo, lantisemitismo, la misoginia, lomofobia, la colonizzazione, la schiavitù regnavano, insieme o alternativamente, nel territorio europeo.
Questa Europa della memoria è unEuropa della tabula rasa. Questa Europa dellapertura è unEuropa chiusa a tutto quello che non è, qui e ora, come lei.
Esiste tuttavia unaltra modalità del dovere di memoria: la cultura. Come ha scritto il filosofo Alain «luomo vive in società non perché eredita dalluomo ma perché commemora luomo. Commemorare vuol dire far rivivere quello che vi è di grande nei morti, e nei morti più grandi».
Questo utilizzo della memoria è oggi in disuso. Se lEuropa si allontana da se stessa senza cedere ad alcun tipo di nostalgia non è solo perché è ancora abitata dalle atrocità del ventesimo secolo ma perché, purtroppo, la cultura - questa grande mediazione dellarte, questo tentativo di capire attraverso i nostri morti cosa siamo e cosa rappresenta la vita, ovvero quello che contraddistingueva lumanesimo europeo - non ha più nessuna importanza nel vecchio continente.
In un rapporto che presenta 314 proposte per favorire la crescita, consegnato recentemente al presidente della Repubblica francese da una commissione internazionale di esperti, diretta da Jacques Attali, viene scritto e ripetuto che lattuale organizzazione dellinsegnamento è sbagliata perché favorisce lattitudine dei bambini ad imparare conoscenze accademiche a memoria invece di facilitare lo sviluppo della loro creatività, delle loro doti linguistiche, informatiche, artistiche e sportive. LEuropa non ha più il tempo e la voglia di guardarsi indietro. Altri compiti, più impellenti, loccupano e la preoccupano: laccesso a tutte le informazioni disponibili su Internet, ladattamento alleconomia mondializzata, il benessere dei consumatori.
Alain Finkielkraut
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