Roma - Espulsioni? Calma e gesso. Non è ancora approdato a Montecitorio il pacchetto predisposto da Amato per l’espulsione degli stranieri autori di atti criminali che già Bruxelles mette le mani avanti. «Se ci sono azioni illegali, sarebbero fatti individuali. E io resto convinto che bisogna sempre usare un approccio individuale e non di gruppo», puntualizza Vladimir Spidla, commissario ceco per Occupazione, Affari sociali e Pari opportunità. Un quasi veto per rastrellamenti di gruppo che viene confermato dal portavoce di Barroso Johannes Leitenberger con toni anche più secchi: «Se nella concreta applicazione dovessero emergere pratiche discriminatorie, la Ue potrebbe avviare una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia...».
Insomma, di retate di personaggi sospettati di turbare la sicurezza degli italiani, non se ne possono fare. E se si individuano comportamenti criminali, ci manda a dire Bruxelles, possono essere effettuate espulsioni ma solo ed unicamente «in presenza di una circostanziata situazione individuale». E non è ancora tutto. Anche l’ipotizzata chiusura delle frontiere su cui domenica si era soffermato l’ex ministro leghista Calderoli, per la Ue è da escludere nel modo più tassativo. «I problemi legati alla sicurezza in Italia non sono causati dall’allargamento della Ue o dalle sue direttive che prevedono la libertà di movimento dei suoi cittadini», ci manda a dire la Ue.
Nulla da fare, insomma, rispetto alla protesta che monta nei confronti di chi ha scelto di venire nella penisola, magari con carichi penali di rilievo, e di delinquere da noi? In realtà Bruxelles una soluzione la fornisce: «L’allargamento e la libertà di movimento certo non rappresentano un ostacolo per contrastare in maniera efficace la criminalità organizzata...» ha osservato ancora, in toni abbastanza gelidi, Leitenberger. Come a dire che tocca a magistrati e poliziotti italiani trovare la risposta adeguata, oltre che ai politici. Perché già esiste una normativa Ue sulla possibile espulsione di cittadini comunitari che rappresentino «una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per la società - come ha ricordato il portavoce di Barroso - e spetta ai singoli Stati legiferare in materia senza bisogno di notifiche o approvazioni preventive da parte della commissione».
Una tesi questa che pare trovare sostanzialmente d’accordo il commissario italiano Franco Frattini. Il quale ieri ha notato come «se le città non sono sicure e se i dati statistici attribuiscono un forte predominio alla componente straniera, la lentezza della risposta e l’incertezza nel trovare una linea politica condivisa generano il rischio di fenomeni quali il razzismo e la giustizia-fai-da-te». Spetta all’Italia, in sostanza, fornirsi dei mezzi adatti a combattere la criminalità e a disporre misure - come il recepimento della direttiva comunitaria che permette l’espulsione a chi non dimostri di avere mezzi di sostentamento entro 90 giorni in un paese straniero - che possano essere utilizzate.
Quel che Bruxelles invece fa sapere di non poter accettare sono «le espulsioni di gruppo che sono proibite».
Si resta insomma in attesa di conoscere i contenuti del decreto Amato. Anche se nella capitale belga fanno capire di attendersi misure fondate esclusivamente sui «comportamenti personali degli individui» e non espulsioni di massa che cozzerebbero con le norme comunitarie messe a punto.
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