«L’Italia è in mano ai pm La Protezione civile non andrà più all’Aquila»

INTERCETTAZIONI «Non è il testo che volevo, lo hanno impedito le lobby di giudici e giornalisti»

RomaUn fiume in piena. Su intercettazioni e manovra. Ma in particolar modo su quella magistratura politicizzata che metterebbe a rischio pure l’incolumità fisica degli uomini della Protezione civile, chiamati a rimettere piede in Abruzzo solo se ben mimetizzati. E finché non si smonti l’accusa «assurda» di omicidio colposo, su cui indaga la Procura aquilana.
Giornata intensa, a tratti turbolenta, per il Cavaliere, che si lascia andare ad un nuovo e duro affondo nei confronti delle toghe rosse. «La sovranità nel nostro Paese dovrebbe essere del popolo, che la conferisce al Parlamento, ma oggi non è più così», è passata alla corrente di Magistratura democratica e «ai suoi pm che, attraverso la Corte costituzionale, abrogano le leggi» approvate in Aula. Anche per questo, «governare è un calvario quotidiano, perché quando esce la legge, tu avevi pensato a un cavallo e viene fuori invece un dromedario». Per capirci, ribadisce Silvio Berlusconi, sostenendo di dover sottostare alle solite «forche caudine» su ogni provvedimento, «non c’è niente che non sia faticoso nell’attività di governo». Senza contare che il premier «non ha nessun potere» e deve subìre anche «un giochino che può andare avanti all’infinito», per via dei continui rimpalli istituzionali. Uno sfogo già noto, che prosegue così: «Si fa quel che si può, non si può fare di più. Abbiamo soltanto una straordinaria forza di volontà e resistiamo con la pelle dura a tutte le critiche che giornalmente ci vengono rivolte».
Ma c’è dell’altro, visto che il rischio, per un semplice cittadino, è di finire «nel girone infernale» dei processi. Per colpa di quei pm che «con questo mestiere ci guadagnano» e che hanno l’unico scopo di «dimostrare il loro teorema accusatorio, perché gli stai antipatico o solo per pregiudizio politico». Gli stessi giudici che «mi hanno spinto - denuncia il premier - a chiedere alla Protezione civile di non andare più all’Aquila, o almeno di farlo senza insegne o senza rendersi riconoscibili, perché dopo la denuncia di mancato allarme da parte della magistratura, qualche mente fragile che ha avuto morti sotto le macerie potrebbe arrivare a sparare».
Dalle toghe alle intercettazioni il passo è breve. «Sono due anni che stiamo lavorando su questo punto, ora basta, ci sono gli emendamenti studiati insieme, poi ci sarà l’ok del Senato ed il testo non sarà più modificato alla Camera», sintetizza il presidente del Consiglio durante l’ufficio di presidenza del Pdl, convinto che la «decisione» sia adesso «vincolante». Un via libera che sblocca il lungo impasse politico, anche per i distinguo di Gianfranco Fini, con il premier che però si astiene dal voto: «Non adempie a tutte le promesse fatte agli elettori, avrei preferito un testo più incisivo per impedire abusi, ma il compromesso raggiunto dimostra che il Pdl è un partito democratico in cui le decisioni vengono prese con il contributo di tutti».
Meno incisivo per colpa di chi? «Lobby di magistrati e giornalisti hanno finora impedito che si arrivasse a difendere al 100% la nostra privacy», rimarca all’Assemblea di Federalberghi. Dove Berlusconi ribadisce le ragioni per cui si debba approvare in fretta, entro luglio, il provvedimento: «Frasi dette al telefono con ironia, venendo magari omessa una parte del discorso, possono modificarsi totalmente e cambiare di senso». Ad ogni modo, «è un lungo cammino quello che inizia con questa legge, che comunque migliora le cose. In due o tre anni - esemplifica con una battuta - uno può avere 15 fidanzate e, se vengono intercettate tutte, si finisce altrettante volte sui giornali: fa bene come pubblicità, ma non è piacevole».
Infine, la manovra - che «chiede pochi sacrifici, riduce il perimetro della spesa pubblica e incentiva la ripresa dell’economia» - e la promessa di ridurre le tasse «appena si può». Non senza punzecchiare la leader di Confindustria, Emma Marcegaglia, per il suo no alla nomina di ministro dello Sviluppo economico («Sapevo che il mio invito non sarebbe stato accolto, ma adesso attenti, perché non si può solo criticare chi al governo ha tutte le responsabilità»). E non prima di aver rassicurato gli albergatori sulla tassa di soggiorno per i turisti nella Capitale.

«Il sindaco Alemanno - sottolinea Berlusconi - mi ha promesso che non ci sarà nulla di intentato e la tassa sarà presa solo come decisione finale, dopo un approfondito, approfondito, approfondito dialogo» con le categorie interessate. Misura, tra l’altro, «fatta all’ultimo minuto alle mie spalle e a quelle del ministro del Turismo, dovuta al fatto che Roma deve sostenere i debiti delle amministrazioni Rutelli e Veltroni, che sono ingentissimi».

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