Francesco Rizzo
Quarantasette: è il numero di partite che l'Italia femminile del volley ha giocato, finora, nel 2006. Giocando spesso può capitare di perdere l'orientamento, di confondere il debutto in un mondiale con un'amichevole. E se la scusa è buona per navigare fuori dalla tempesta, aggrappiamoci. Comincia al buio la rassegna iridata per le azzurre campionesse in carica: ieri a Nagoya, in Giappone, la Serbia&Montenegro (all'ultima apparizione come rappresentativa unica) ci ha messo all'angolo con un 3-1 (25-18, 25-22, 19-25, 27-25) che offre il titolo di testa della prima giornata. Malgrado i sorrisi balenati nei timeout, una timida Italia è inciampata in limiti inattesi: ricezione in difficoltà, centrali latitanti, il muro disorientato e in ritardo rispetto all'attacco serbo, i primi due set persi concedendo alle avversarie di rimontare. Nel quarto, dopo l'illusione che dall'altra parte della rete fosse finita la benzina, non è bastato risalire dal 21-24 al 25 pari. E dire che la giovane Serbia, brillante, efficace e senza pressioni, era stata sconfitta due volte dalle nostre solo due settimane fa. Così, applaudito il debutto al mondiale di Serena Ortolani, che a 19 anni ha sostituito la spenta veterana Rinieri, l'Italdonne si è affidata ai 19 punti della Piccinini e ai 21 della Togut, ma non è un caso che il simbolo del match sia stato il muro decisivo che la goriziana ha subito dalla più brillante delle serbe, la Spasojevic, una ventitreenne di Belgrado dolce come una tigre che gioca a Novara dal 2004.
Il ko non è grave, da ciascuno dei gironi da sei accedono alla seconda fase le prime quattro, anche se portandosi dietro i risultati degli scontri diretti. In ogni caso, già stamane contro il Perù (ore 10, diretta Rai 2) l'Italia deve ricordare di essere la regina. Sette ragazze erano già nel gruppo che stupì il mondo a Germania 2002 e confezionò uno spot formidabile per il volley rosa. È cambiato il c.t.
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