L’osso sporgente va riallineato preservando l’articolazione

L’alluce valgo è molto diffuso tra le donne. Alla base del problema è il «deragliamento» del metatarso, il lungo osso che si articola con il primo dito del piede. «Questo elemento scheletrico viene tenuto in asse dai sesamoidi, due ossicini tondi grossi come una lenticchia, che si trovano alla base dell’alluce e funzionano come due binari», spiega Fabio Lodispoto (www.lodispoto.it), ortopedia e traumatologia e specialista in medicina dello sport, presso la Casa di cura «Madonna delle Grazie» di Velletri (Roma). «Quando il metatarso devia al di fuori dei sesamoidi e nulla lo trattiene, si sviluppa alla base dell’alluce una sporgenza rossa, gonfia e dolente, comunemente chiamata cipolla o patata, che impedisce l’uso delle comuni calzature, a meno di non ricorrere a scarpe di almeno due numeri più grandi». L’asportazione dell’osso sporgente è stato fino ad oggi l’obiettivo della chirurgia mirata alla correzione di questa deformità, con dolorosi periodi di riabilitazione post operatoria, fallimenti e recidive. Ora si è passati da una chirurgia demolitiva ad una ricostruttiva. Asportare la parte di osso che sporge significa amputare l’articolazione di una sua parte, il che non avviene impunemente (menomata, l’articolazione soffre, e va incontro a fenomeni artrosici). Ecco perché la tendenza attuale è piuttosto quella di riallineare le ossa del piede, riportando in asse il metatarso e facendo rientrare la sporgenza». Anziché sull’effetto del problema (l’antiestetica cipolla), si interviene sulle sue cause, preservando l’articolazione in tutte le sue parti. Le nuove tecniche vengono chiamate «triplanari», in quanto permettono di agire nelle tre dimensioni dello spazio. «L’articolazione viene fatta rientrare e, nello stesso tempo, se necessario, può essere abbassata o arretrata, correggendo eventuali altri difetti insorti in seguito alla deformità», spiega Lodispoto. «Il risultato è un intervento mirato, studiato sulle esigenze individuali del paziente». L’operazione avviene per via percutanea, sotto il controllo di mezzi radiologici, o tramite una piccola incisione (1,5 cm circa). «Dopo aver ottenuto il riallineamento dell’articolazione, il metatarso viene fissato nella posizione desiderata con un mezzo di sintesi. In genere si utilizza una microvite in titanio per le sue qualità di resistenza e biocompatibilità. Recentemente sono state proposte altre sostanze (come l’acido polilattico o quello poliglicolico), che, esaurita la loro funzione, si riassorbono senza lasciare traccia».


Il carico sull'arto operato è concesso immediatamente, mentre il periodo post-operatorio di relativo riposo è di circa 15 giorni. I risultati di questa nuova chirurgia sono ottimi, definitivi e conservano la funzionalità.

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