L’ultima di Fini & Co: la priorità degli italiani è la legge elettorale

Per cambiarla Fli e opposizione sono disposti a far cadere il governo. Come se fosse più urgente che riformare il fisco, la scuola o il welfare

Non parlate di Montecarlo. I fighetti della politica, l’oligarchia del giornalismo, le benpensanti che abbaiano ogni giorno contro il maschilismo dei dossier (quali dossier poi) e i soloni disgustati dalla volgarità di questi tempi meschini dicono che non è di moda. La casa di Montecarlo è out. Tormentare i Tulliani è out. Criticare Fini è out. Lo capiscono anche i bambini. Sono tutte cose che non interessano alla gente comune, quella che suda, lavora e soffre. Si annoia. Si arrabbia. Si sente male. Non c’è nulla di più maleducato di quello che scrive il Giornale. Il popolo chiede croissant.
Il bello di questi predicatori altolocati è che conoscono sempre, e alla perfezione, i desideri degli italiani. Loro hanno le antenne. Li interpretano. Li spiegano. Anche quando i diritti interessati non lo sanno. I finiani sono, per esempio, bravissimi nel tradurre la volontà della nazione. Nessuno come loro. Sono mesi che ripetono più o meno in coro che Montecarlo interessa solo ai «segugi» de Il Giornale. Che noia, che barba, che noia. Agli italiani interessa altro. Che cosa? Vallo a capire.
Magari la riforma fiscale. Sai qui ci sono molti portafogli che piangono e tutti sognano una busta paga più pesante. Sì, senza dubbio tagliare le tasse è il pensiero più ricorrente. Magari la riforma della giustizia, visti i tempi biblici. Magari la riforma del welfare, visto che quello attuale garantisce solo i furbi. Magari tutte queste cose insieme. Eppure quelli che sanno, i dotti, i medici e sapienti non la pensano così. Di cosa parlano ogni giorno, costantemente, Fini, Di Pietro, Casini e Bersani? Della legge elettorale. Capite? Non c’è nulla più importante di questo. È il sale della vita. È quello che gli italiani non riescono a togliersi dalla testa. Lo sanno tutti in fondo. Al terzo posto c’è il calcio, al secondo il sesso, al primo la domanda da cui non si può prescindere: con che sistema voto domani? Maggioritario o proporzionale? Liste bloccate o preferenza multipla? Sbarramento al cinque, al sette o al ventitrè? Con lo scorporo o senza? C’è gente che su questi interrogativi ha perso l’appetito. Non dorme più. Si dimentica dove ha parcheggiato la macchina. Non va al lavoro da mesi perché si è messa a studiare il sistema australiano. Per la cronaca è una via di mezzo tra l’uninominale secco e il doppio turno.
È per questo che Fini, Casini, Di Pietro e Bersani, con tutto il coro dei super intelligenti, ripetono che senza la riforma elettorale non si può fare nulla. Il Paese è bloccato. È per questo che ieri mattina Gianfranco, Pierferdy e sua arguzia Massimo D’Alema si sono incontrati per dare in fretta agli italiani questa manna santa e benedetta. Non c’è nulla di più urgente. Gli italiani devono fare la spesa? Vogliono pagare il mutuo? Hanno le tasse sulla scuola dei figli? Nessun problema: le preferenze risolveranno tutto. Per questo la nuova legge elettorale è necessaria. Per questo bisogna far cadere Berlusconi e sostituirlo con un governo tecnico. Lui non vuole la riforma, si oppone alle preferenze.
Sì, l’Italia è pronta a scendere in piazza al grido «più preferenze per tutti». Questo provoca forti crisi di coscienza in chi ha a cuore le sorti del Paese. Ma ancora una volta Fini non ha guardato in faccia a nessuno. Agli italiani ci penso io. Ha sfidato il Palazzo per venire incontro alle loro necessità. Ha scritto a Schifani: dammi la legge elettorale, me ne occupo io. Tutto il Paese non aspettava altro. Ora è più tranquillo. Può finalmente riposare.

Non c’è nulla di più importante per gli italiani del destino di Gianfranco Fini e dei suoi nuovi alleati. Non vogliamo mica togliere al sor Tulliani il gusto di votare con regole fatte su misura per lui? Come dicono a Montecarlo: se sta bene Fini stanno bene tutti.

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