L’ultima scommessa di Lippi vincere con l’Italia dei gregari

«Rispetto lo scetticismo ma non lo condivido: è una moda italiana essere sempre critici con i ct». Montolivo il vice-Pirlo, Di Natale out

L’ultima scommessa di Lippi vincere con l’Italia dei gregari

È bene scriverlo subito, prima di accompagnare per mano l’Italia campione del mondo in carica al debutto di stasera col Paraguay: giochiamo al buio. Nemmeno Lippi può accendere un riflettore. Emblematica la sua ammissione: «Non so dire che mondiale farà l’Italia ma so per certo che ha voglia di fare un grande mondiale». È raro che una Nazionale di così dichiarato e documentato lignaggio (quattro titoli esibiti sulla maglia), si appresti al debutto senza dettare, nella critica, oltre che nel popolo dei suoi tifosi, certezze radicate, senza identificare le sagome cui affidare la cura dei destini azzurri. Quattro anni prima tutti ci invidiarono Totti e quel muro esaltatosi nella notte di Berlino alzato da Buffon e dal capitano Cannavaro.

E adesso? Possiamo fidarci di Gilardino? Sull’argomento, la replica di Lippi è meno appuntita del solito: «Rispetto lo scetticismo ma non lo condivido, io ho gran fiducia. Non credo nemmeno ci sia ostilità nei miei confronti: è una moda tipicamente italiana essere sempre critici con i ct».

Non sappiamo insomma quale cammino possa realizzare questa Italia che Marcello Lippi, con la sua ostinazione tipica, ha coltivato per due anni trascinandola prima in cima al girone di qualificazione e poi su per le vette del Sestriere per una preparazione a fari spenti. Meglio non fidarsi del macchinoso apprendistato: tra una discesa a valle e l’altra, scandita da appena 48 ore di distanza, al cospetto di Messico e Svizzera, sono state raccolte pochissime indicazioni positive. Zero in attacco, per esempio, se non quel lampo isolato di Quagliarella a Ginevra. Ancor meno in difesa per il discutibile stato di forma di qualche senatore e l’assenza, per infortunio, del suo naturale partner, Chiellini. Nella riconosciuta modestia della sua cifra tecnica, l’Italia di stasera si lancia all’assalto del Paraguay senza disporre nemmeno del suo cecchino più in forma. Totò Di Natale, bomber principe del campionato, viene annunciato in panchina insieme al resto della compagnia azzurra. Preferito al suo posto, per virtù fisiche più che altro, Vincenzo Iaquinta che già col Ghana, quattro anni fa, firmò il sigillo del definitivo 2 a 0. Non è una questione di scaramanzia, ma il frutto di una tormentata scelta.

A questa Nazionale mancano i fuoriclasse: di solito rappresentano l’assicurazione sulla vita per spianare le prime colline del torneo, domare qualche rivale rognoso, proprio come il Paraguay. All’elenco ristretto possiamo iscrivere il portiere Buffon (e meno male con quelli che girano al mondiale) e Pirlo, nel frattempo fermo ai box per un insulto muscolare rimediato nell’amichevole di Bruxelles: uno su due è disponibile, troppo poco per invocare il primato della tecnica e della classe su un avversario dipinto in modo pittoresco da Montero ma con efficacia assoluta.

Perciò Marcello Lippi da tempo ha puntato sulla coesione del gruppo, sull’orgoglio dei mondialisti di Germania e ha trasferito agli esponenti di questa Nazionale sottostimata i suoi punti cardinali. «Nel calcio moderno si gioca con un solo attaccante e nove impegnati a correre avanti e indietro» la sintesi. Si è rivolto a un paio di giovanotti di belle speranze, come Maggio e Criscito, provenienti da due club non proprio di primissima fila, il Napoli e il Genoa, per avere gamba e coraggio sulle corsie laterali, i lati deboli dell’avversario secondo la relazione dei suoi osservatori di fiducia. È l’Italia dei gregari se si pensa che a scaldare il posto destinato a Camoranesi può scatenarsi Pepe, nuovo rinforzo della prossima Juve di Delneri. Senza big, con un paio di fuoriclasse appena, e senza un santo protettore. È rimasto lui, il ct, prossimo al congedo, con la sua determinazione, a far da scudo a questa Nazionale, senza ipotecare il futuro. «Non ho avuto alcun contatto con lo Spartak Mosca e neanche con gli Emirati: sono qui per giocare il mondiale, penso solo al Paraguay» il suo giuramento pubblico.

Recuperati De Rossi e Marchisio, a dimostrazione che non è schiavo della

riconoscenza o del rapporto affettivo con Gattuso, promuovendo Montolivo nei panni di vice-Pirlo. Non avrebbe potuto inventarsi di meglio. Siamo al buio ancora per qualche ora. Nell’attesa che qualche azzurro accenda la luce.

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