L'agenzia Moody's taglia il rating della Grecia: "Se non ristruttura il debito, Atene in default"

Moody’s ha tagliato il rating sul debito della Grecia da B1 a CAA1, facendolo sprofondare ulterirmente nel territorio di titoli spazzatura. Outlook negativo. Per l’agenzia il declassamento riflette l’incremento del rischio che la Grecia possa andare in default senza ristrutturazione del debito

L'agenzia Moody's taglia il rating della Grecia: 
"Se non ristruttura il debito, Atene in default"

Sulla Grecia si abbatte ancora una volta la mazzata di Moody’s che taglia il rating del debito a Caa1, facendolo sprofondare ulteriormente nel territorio dei "junk bond", dei titoli spazzatura. Con l’aggravante di un outlook negativo.

L’outlook negativo riflette l’idea dell’agenzia che l’indebitamento molto elevato del paese, i rischi di attuazione molto alti nel pacchetto di riforme strutturali e il bisogno di Atene di un sostegno esterno includono rischi di un possibile nuovo abbassamento del rating. Al momento l’orientamento dell’Ue è quello di concedere ad Atene nuovi aiuti per 60-70 miliardi di euro entro il mese per far fronte alle esigenze finanziarie del biennio 2012-2013. Sui tempi e modi la partita resta però tutta aperta e viene giocata all’ombra dell’incubo di una ristrutturazione pesante del debito ellenico che nessuno ufficialmente vuole ma che in molti, dietro le quinte, ritengono ancora quasi inevitabile. Una ristrutturazione del debito della Grecia "non rientra" nel progetto dell’Unione Europea per risolvere la crisi del Paese, ha ribadito ancora una volta da New York il commissario europeo agli Affari Economici, Olli Rehn. "Ristrutturare non risolve i problemi della Grecia".

Ma, avverte Moody’s motivando il taglio, senza una ristrutturazione del debito cresce il rischio che il Paese possa andare in default, tenuto conto "delle difficoltà crescenti che il Governo deve affrontare nell’attuazione dei tagli, delle crescenti incertezze sulle prospettive di crescita e un record negativo sul fronte degli obiettivi di consolidamento dei conti pubblici".

Nonostante tutte le cautele del caso, si fa però sempre più concreta l’ipotesi di un intervento ’soft’, con un coinvolgimento su base volontaria delle banche, sulla scia di quanto fatto a suo tempo per i Paesi dell’Est.

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