Si muore anche di lavoro negato, di lavoro che non si trova. Aveva solo diciassette anni, il ragazzo che si è ucciso a Limbiate con un colpo di pistola alla tempia. Voleva guadagnarsi da vivere da solo ma non ci riusciva.
Venerdì sera è in casa solo, i genitori sono usciti a cena. Entra in bagno, chiude la porta a chiave. E sconvolto, scrive due parole su un bigliettino: «Scusate. Perdonatemi». Quindi porta la canna dellarma alla tempia e preme il grilletto. Mancano pochi minuti alluna quando arrivano mamma e papà: fanno in fretta a capire che qualcosa non va. Quelluscio del bagno chiuso, lo stereo che spara musica a tutto volume. La famiglia vive al terzo piano di una modesta ma dignitosa palazzina. Un anno fa il ragazzo ha abbandonato la scuola professionale: cercava disperatamente un posto. Non voleva pesare sulla famiglia. Non ha trovato niente. Eppure domande dassunzione ne ha fatte un molte. Niente. Allora per farla finita si è procurato quella pistola, che ai carabinieri non risulta regolarmente denunciata. Un mistero chi possa avergliela data.
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