Il lato oscuro di Firenze. Se il Male si agita nelle viscere della città più bella del mondo

Luca Doninelli usa il genere thriller per indagare il nostro rapporto con l'arte e con il passato

Il lato oscuro di Firenze. Se il Male si agita nelle viscere della città più bella del mondo

Il nero, sulla volta delle grotte preistoriche di Lascaux, fu usato per definire i contorni delle prime figure della storia dell'arte. Nell'antico Egitto il dio degli inferi, Anubi, era dipinto come uno sciacallo nero. Poi ci fu la grande epoca dei vasi a vernice nera. Il nero dei mirabili sfondi del Perugino, il «meglio maestro» del suo tempo. Il Quadrato nero di Kazimir Malevic, 1915. Il Grande Nero concepito da Alberto Burri nel 1980. Il nero assoluto - il Vantablack - di Anish Kapoor...

Il nero e l'arte. Il nero di vite, il nerofumo, il nero d'avorio, il nero di seppia, il nero di Francoforte, il nero minerale, il nero digitale.

Il nero non è un colore, ma soltanto assenza di luce. E il nuovo romanzo di Luca Doninelli, Nero fiorentino (Bompiani) - colto, avventuroso, costruito su più livelli di lettura, citazionista, pessimista, ironico - non è un noir, ma un racconto che sceglie il noir, o il thriller, come pretesto. Come confessa uno dei personaggi del romanzo, il due volte sindaco a Firenze ma dalle origini oscure Filippo Landi, se in vecchiaia era diventato grande lettore di gialli dopo una vita in cui li aveva deprecati era «perché capiva il bisogno che almeno nella fantasia ci fosse qualcuno che sbrogliasse i fili».

E il pretesto per sbrogliare i fili intricati della realtà è una storia nera dentro la storia dell'arte. Nell'estate del 2010, in una Firenze devastata dai turisti-bisonti, prigioniera della grandezza del proprio passato e incerta su cosa fare di se stessa nel futuro, nell'interrato di un palazzo del centro storico, inspiegabilmente allagato, viene trovato uno straordinario reperto che ben poche persone sanno riconoscere e della cui esistenza ancora meno sono disposte a credere. Dal doppio fondo di un vecchissimo armadio, in un polveroso involucro di carta, emergono le due tavole progettate da Filippo Brunelleschi, risalenti ai primi decenni del '400, con lo scopo di studiare la prospettiva. La prima persona che intuisce il valore straordinario dell'oggetto - testimonianza di una svolta epocale della civiltà - è trovata uccisa con un colpo di pistola alla tempia. Le tavole spariscono. Il mondo accademico, dei collezionisti e dei mercanti d'arte, impazzisce. E il mistero permane. Quando, quindici anni dopo, a Firenze viene lanciato un concorso per il completamento della facciata di San Lorenzo, un evento che chiama in città le più grandi archistar del pianeta, la sequenza di sangue si rimette in moto.

La città di Firenze. Una serie di omicidi identici distanziati negli anni. Un primo livello confuso di esecutori materiali e un secondo oscuro di mandanti. Un Mostro, o forse più di uno.

Qui, però, a innescare la sciarada di sangue non sono feticci sessuali, ma un totem dell'arte. C'è un politico fuori dai giochi ma ancora molto influente. Il manager di una importantissima casa di moda. Uno studioso condannato a insegnare storia dell'arte nella città che ne ha prodotta di più nel corso dei secoli. Sorelle, figli e amanti delle vittime che cercano di mettere ordine in una vicenda apparentemente priva di senso. Due fratelli poliziotti, il buono e il cattivo. E, in ruoli cameo, Mario Luzi, Riccardo Muti, il pianista cinese Lang Lang.

L'assassinio come una delle belle arti e l'arte come incitamento ai peggiori assassinii.

E anche Firenze, alla fine, è un pretesto. Luca Doninelli, scrittore e critico di lunga data e nobilissima bibliografia, la conosce benissimo: sua madre è fiorentina, e qui per anni ha passato l'estate. Forse si potrebbe dire che è proprio Firenze la vera protagonista del romanzo. Si muove, respira, appare, si nasconde, incanta, suscita sogni e paure. La facciata della chiesa di San Lorenzo rimasta incompiuta, il dedalo delle vie del centro (ma anche l'Erta Canina, il Giramontino, Bellosguardo...), il Forte di Belvedere, gli orti dietro i muri, il verde cangiante degli ulivi e dei cipressi, i canali etruschi nel sottosuolo, il contrafforte di Ponte Vecchio, un brand globale e una quotidianità provinciale...

Che poi, seriamente, al di là della finzione romanzesca: c'è qualcuno che davvero pensa di poter trasformare mondi a sé come Firenze in smart city? E infatti Luca Doninelli avrebbe potuto scegliere come deuteragonista del romanzo Parigi o Praga o Roma o una qualsiasi città-museo. Le domande che pone il libro sono: come ci si rapporta a un passato che in alcuni luoghi continua a rigurgitare cose che il presente non è in grado di gestire? La città dei morti come può diventare anche una città dei vivi? Ossia: in una città come Firenze che è stata la capitale del mondo conosciuto per un secolo, e oggi è «un morto contenitore di musei, chiese e opere d'arte», cosa succede quando torna dal passato l'ombra di un genio come Filippo Brunelleschi, uno dei padri fondatori dell'Italia, un uomo che ha cambiato il nostro modo di guardare?

La Firenze che i personaggi del romanzo vogliono conservare uguale nei secoli, minacciata dalla novità di quelle tavole antiche che la porterebbero di nuovo al centro del mondo, rischia di finire per sempre. E c'è qualcuno che farà di tutto per evitarlo. Il Presente uccide per salvare il Passato.

Che poi: tornando dalla fiction alla storia dell'arte, Giovanni Michelucci (1891-1990), toscano, fra i maggiori architetti italiani del XX secolo, celebre per aver progettato la stazione di Firenze Santa Maria Novella, in un suo famoso libro, Brunelleschi mago (1972), accetta l'ipotesi che quelle tavole siano esistite, magari ancora nascoste da qualche parte in città...

Un città di Bellezza, terrore, antiche violenze, fantasmi, giuramenti, vendette, trame oscure, «matta bestialitade». E una domanda: «È possibile che i morti continuino ad uccidere?». Come ha detto una volta un grande storico dell'arte, Giovanni Agosti: «Firenze non ha mai elaborato il lutto della perdita di centralità del Quattrocento».

Cinque secoli dopo il romanziere-detective Luca

Doninelli - per il quale alla fine il colpevole è persino irrilevante, non così invece lo stile, anzi... - vuole provare a capire cosa possa conservare e cosa nascondere una città ancora indecisa se sopravvivere o morire.

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