“Siamo fermamente convinti dell’importanza della libertà contrattuale e del pluralismo nelle relazioni industriali, che devono tuttavia fondarsi su una rappresentatività effettiva delle parti". Cristian Camisa, presidente di Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata), chiede che la rappresentatività non sia"rigidamente imposta dalla legge", ma nasca attraverso un mix "tra strumenti pattizi" come, per esempio, "l'accordo interconfederale" tra "le organizzazioni dei lavoratori e gli imprenditori" e "strumenti amministrativi" che monotorino "i contratti effettivamente applicati".
Solo questo, secondo Camisa, potrebbe "garantire la trasparenza senza compromettere l’autonomia delle parti”. Il presidente di Confapi critica i sindacati e le organizzazioni datoriali che non hanno una reale rappresentanza, ma pretendono ugualmente di avere voce in capitolo. Camisa assicura: "Confapi sigla contratti collettivi da oltre 70 anni con Cgil Cisl e Uil ed è peraltro aperta anche ad altre organizzazioni ove si rivelassero rappresentative nel settore o nell’azienda oggetto di negoziato”. Secondo Confapi serve "una rivoluzione culturale nella contrattazione" nel mondo del mercato del lavoro anche perché i contratti del settore Industria sono tutti superiori al salario minimo dei 9€ l’ora. Camisa è convinto che si debbano "garantire soprattutto salari mediani più elevati e più proporzionati alla ricchezza prodotta", mentre "un contratto quadro per le piccole e medie imprese industriali" può essere un passo in avanti solo in quanto "premessa per un modello di contrattazione territoriale efficace”. Senza una reale rappresentatività si rischia di "avere soggetti che, - spiega Comisa - non avendo un forte legame con il territorio e una reale capacità di rappresentanza, pretendano di regolare il lavoro con contenuti minimi e generalizzati”.
Camisa ha inoltre definito"indifferibile" la presentazione da parte del governo di "un piano pluriennale sull’energia" che è la priorità per le aziene italiane che attualmente non sono competitive in Europa proprio a causa degli elevati costi. "A fronte di ciò le aziende energetiche, delle quali lo Stato ha quote societarie importanti, fanno utili da capogiro che, per la parte non collocata sul mercato, ritornano nelle casse dello Stato", osserva il presidente di Confapi che denuncia come "i proventi molto spesso sono investiti all’estero e non in Italia". Ed è, dunque, necessario "un completo cambiamento nel calcolo del costo energetico" per consentire alle nostre imprese di produrre ancora in Italia e di generare utili che possono accrescere le"entrate nelle casse dello Stato”.
Camisa chiede un'inversione di tendenza per evitare le delocalizzazione e invita a puntare su "una politica industriale che miri all’autosufficienza" e che non vede il nucleare come uno spauracchio. "Dobbiamo scegliere - conclude Camisa - se continuare ad essere la seconda potenza manifatturiera europea o rassegnarci alla deindustrializzazione”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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