Un infortunio che occorre al di fuori del luogo di lavoro può essere riconosciuto e quindi indennizzato al lavoratore soltanto se ci sono alcuni presupposti fondamentali.
Quello degli infortuni sul lavoro è un tema che affonda le proprie radici alla fine del 1800, quando il legislatore, con la Legge 80/1898, ha voluto dare una risposta ai numerosi incidenti di cui erano vittime i lavoratori, argomento ancora oggi molto attuale. Ci sono voluti oltre 30 anni per avere una normativa relativa alle malattie professionali, introdotta dal Regio decreto 928 del 1929. A chiudere il cerchio è sopravvenuto il Testo unico in materia di assicurazioni obbligatorie che risale al 1965.
Infortunio fuori dal luogo di lavoro e indennizzo
Oltre agli infortuni accaduti sul posto di lavoro, vengono considerati indennizzabili che si verificano in queste situazioni:
- durante il tragitto tra l’abitazione del dipendente e il suo luogo di lavoro e viceversa
- durante gli spostamenti dal luogo di lavoro al luogo nel quale il lavoratore consuma la propria pausa per il pranzo e viceversa (laddove l’azienda non dispone di una mensa)
- durante gli spostamenti di lavoro (raggiungimento di altre sedi aziendali o di fornitori, clienti, eccetera)
Il tragitto percorso dal lavoratore è determinante, perché rientra tra le discriminanti che inficiano sul riconoscimento dello status di infortunio professionale. Le norme precisano infatti che deve essere effettuato per motivi strettamente professionali e seguendo la strada più breve che unisce i luoghi di partenza e di destinazione. Ci sono delle eccezioni alla brevità del tragitto e sono riconducibili:
- ordini esplicitati dal datore di lavoro
- esigenze personali, per esempio una variazione del tragitto per sottoporsi a una visita medica prima di rincasare o prima di raggiungere il luogo di lavoro
- cause di forza maggiore (strada trafficata, deviazioni a causa di incidenti o lavori in corso, eccetera).
Oltre a queste informazioni, il lavoratore deve sapere anche come varia il riconoscimento dell’infortunio a seconda del mezzo di trasporto usato.
Il mezzo di trasporto come discriminante
La questione è tutt’altro che banale perché, almeno per principio, le norme prevedevano che il riconoscimento dell’infortunio fosse concesso soltanto a quei lavoratori che si spostavano con mezzi pubblici oppure a piedi. Il motivo è presto detto: si voleva evitare che, spostandosi con il proprio mezzo privato durante il tempo libero, un lavoratore potesse fare un incidente e sostenere di esserne stato vittima nel percorrere un tragitto per motivi professionali.
Con il passare degli anni queste norme sono state ammorbidite e oggi contemplano una maggiore tutela del lavoratore, al quale è riconosciuto il diritto di usare il mezzo privato ai fini della copertura assicurativa in caso di incedente al di fuori del luogo di lavoro, nei casi in cui:
- il tempo richiesto dagli spostamenti coi mezzi pubblici sono lunghi e poco allineabili alle esigenze della vita privata del lavoratore
- il domicilio e il luogo di lavoro del dipendente sono scarsamente coperti da mezzi pubblici e non possono essere ragionevolmente raggiunti a piedi
- il mezzo di trasporto è fornito dal datore di lavoro
Anche gli spostamenti effettuati in bicicletta sono stati oggetto di un ammorbidimento legislativo: con la Legge 221/2015 è stato riconosciuto il beneficio ambientale a chi preferisce i mezzi a pedale mentre, fino al a quel momento, veniva accordato l’indennizzo soltanto a chi ne faceva uso sulle piste ciclabili.
Infortunio non riconosciuto
Ci sono dei casi in cui l’indennizzo non è riconosciuto, si tratta di condizioni inalienabili. Non può godere del riconoscimento dell’infortunio professionale chi è vittima di incidente e:
- compie deviazioni di tragitto non pertinenti
- viola il codice della strada
- fa uso di sostanze alcoliche, di stupefacenti o di psicofarmaci
- non ha la patente (anche nel caso in cui sia stata ritirata)
In questi casi l’Istituto nazione per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) non riconosce indennizzi e anche le vie legali danno poco scampo al lavoratore, si tratta infatti di norme che sono già state ampiamente dibattute nelle aule giudiziarie dei tre livelli giuridici nazionali.
Cosa fare dopo un infortunio
In caso di un infortunio occorso al di fuori del luogo di lavoro, il lavoratore deve contattare il proprio medico di medicina generale, quello eventualmente nominato dall’azienda oppure recarsi al pronto soccorso.
Il certificato che gli viene rilasciato deve indicare la diagnosi e la prognosi, ossia il tenore dell'infortunio e il periodo durante il quale sarà inabile al lavoro.Il personale medico invierà copia del certificato all’Inail mentre il lavoratore deve rendere noto il suo stato al proprio datore di lavoro in modo immediato.
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