Roma - Il «Monday night» ha il sapore amaro della beffa per la Lazio. Juve dominata in lungo e in largo, tante occasioni create ma nessun gol. Quello che trova invece a pochi istanti dai titoli di coda l’ex romanista Simone Pepe, lasciato colpevolmente solo a pochi passi da Muslera e quasi stupito da cotanto regalo dei laziali. Se già il pareggio sarebbe stato stretto ai laziali, che avevano tenuto il pallino del gioco per quasi tutti i 90 minuti, figuriamoci la sconfitta. Che fa il paio con quella dell’Udinese, e con la vittoria della Roma. Tanto che gli ultimi 270 minuti saranno un’appassionante volata a tre, con la Juve lì a pochi passi sorniona ad attendere (senza forse crederci tanto) qualche scivolata malandrina.
Il profumo dell’Europa più prestigiosa e il derby a distanza con la Roma per il traguardo continentale (con l’Udinese terzo incomodo ma in evidente calo) rende il posticipo all’inglese una sorta di match-ball per la Lazio. Che non mostra il «braccino», ma cerca anzi di fare la partita. Per la Juve il calo dei friulani significa una chance in più per agganciare l’Europa League e non mandare in archivio la stagione con un’ulteriore delusione. Reja decide di giocare a specchio contro l’amico Delneri, certo della superiore qualità tecnica in mezzo al campo dei suoi, nonostante l’assenza di Mauri (ma alla Juve manca Marchisio). Hernanes agisce a destra, Brocchi a sinistra in ausilio di Garrido sulla corsia occupata da Krasic (completamente fuori partita), in mezzo il palleggio e i metri conquistati da Ledesma e Matuzalem, con Felipe Melo sempre più schiacciato nel ruolo di stopper aggiunto, alle prese con i garretti di Zarate. La Juve gioca una partita accorta: se Grosso e Motta paiono in affanno sulle continue discese di Brocchi e Lichtsteiner (quest’ultimo già adocchiato dai dirigenti juventini per la prossima stagione), i centrali di difesa Barzagli e Chiellini proteggono dalle folate laziali. In pratica, è la stessa squadra bianconera vista contro la Roma: attendista e pronta a ripartenze velenose. In realtà di queste se ne vedono poche, mentre la Lazio arriva più volte dalle parti di Buffon senza però riuscire ad affondare il colpo decisivo.
Fanno tutto i biancocelesti, con Zarate che si infila nelle maglie bianconere e più volte viene a contatto con Melo (un duro scontro con il brasiliano fa rischiare l’infortunio a Maurito, che resta stoicamente in campo). Una delle giocate del 10 biancoceleste mette Floccari a tu per tu con Buffon, bravo a respingere di piede, anche se sembra più un errore della punta di casa. Fa tutto la Lazio, dicevamo, anche nell’unica vera occasione da gol juventina dei primi 45’: Lichtsteiner serve un assist perfetto a Matri, da dimenticare il tiro dell’attaccante bianconero chiuso da Muslera. Ma la notizia peggiore prima dell’intervallo in casa Lazio è il giallo rimediato da Ledesma (che poi diventerà rosso a 10’ dai titoli di coda per un fallo a centrocampo su Melo) che salterà lo «spareggio» Champions di domenica prossima a Udine. Una grave assenza, visto lo stato di salute del metronomo biancoceleste.
Nella ripresa la Juve parte forte, quasi a voler cercare di cambiare il copione del match. Ci prova Del Piero, a un passo dal rinnovo del contratto («C’è stato un impegno morale di Andrea a Agnelli con Alex, quindi mi sembra un capitolo chiuso positivamente, per la firma siamo nella fase conclusiva», dirà il dg Marotta a pochi minuti dall’inizio del match), ma il suo tiro a girare non è quello dei bei tempi. Così come un suo cross viene smanacciato da Muslera. Dopo la fiammata, la Lazio torna ad impadronirsi dell’incontro. Brocchi (partita di grande quantità la sua) di controbalzo per un pelo non trova un gran gol, Buffon «blinda» lo specchio della porta sul tiro da oltre 25 metri di Hernanes, Zarate manca l’intervento sul pallone da due passi. La squadra di Delneri rinuncia a giocare, Chiellini rischia moltissimo in area per contrastare Floccari (l’impressione è che non tocchi il pallone). Ma l’assedio non porta i frutti sperati e anzi evidenzia il limite di questa squadra: non avere un bomber da più di dieci reti a stagione è un problema. E quando la difesa, dopo oltre 450’ di imbattibilità all’Olimpico, cade per un’ingenuità, allora vuol dire che non è proprio serata.
Nota stonata: i bipartisan cori d’insulti (alla Roma) durante il minuto di silenzio per commemorare Luigi Polentes, ex giocatore biancoceleste morto nei giorni scorsi. I trogloditi di ogni schieramento sono sempre presenti.
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