Lee Maynard racconta il West Virginia. La terra dove urlano i moderni cannibali

Il secondo capitolo della "Trilogia di Crum" racconta i contrasti degli Usa

Lee Maynard racconta il West Virginia. La terra dove urlano i moderni cannibali
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Chiamatelo vezzo, ma a molto scrittori americani piace dire che si possono raccontare due sole storie che, a ben pensarci, si riducono a una: quella in cui uno straniero giunge in città, cambiandone il volto per sempre, e quella in cui un abitante del posto se ne allontana in cerca di avventura. Dunque, una storia shakespeariana e una omerica, quasi a sottolineare quella continuità con la letteratura classica di cui la storia degli USA non vanta rappresentanti.

Urlando con i cannibali (Mattioli 1885, traduzione di Nicola Manuppelli, pagg 332, euro 20) di Lee Maynard è il secondo episodio della cosiddetta Trilogia di Crum, un trittico di romanzi ambientati nel paese natale dell'autore, appunto Crum, una località sperduta del West Virginia.

E proprio una rappresentazione del West Virginia non esattamente improntata agli stereotipi di luogo bucolico e timoroso di Dio è l'elemento cardine dell'esperienza letteraria di Maynard, insieme a un linguaggio molto forte e a una propensione a fare uso abbondante di scene esplicite di sesso, al punto da attirare sull'autore ripetuti strali e censure.

Protagonista del romanzo è ancora una volta il giovane Jesse Stone che, malgrado i suoi compaesani tentino di dissuaderlo dal compiere il grande passo, l'attraversamento del torrente che fa da confine naturale tra il West Virginia e il Kentucky, una sorta di salto nel vuoto si lascia alle spalle Crum e se ne va in giro per il mondo. Quanto meno, per il mondo a lui concesso dai pochi mezzi a sua disposizione e dalla ancor più scarsa conoscenza della vita all'esterno del totalizzante, soffocante microcosmo di Crum. Se il boschivo West Virginia è uno stato tradizionalista in cui la vita si ripete stancamente e gli spostamenti sono rallentati dai bastioni naturali dei monti Appalachi, il confinante Kentucky sembra esserne la fotocopia. Come sottolinea Maynard, o meglio il suo alter ego Jesse, «All'inizio il Kentucky era proprio come il West Virginia, solo peggio». Entrambi gli stati hanno assistito negli anni a un progressivo spopolamento e impoverimento, con un simultaneo picco nel consumo delle sostanze stupefacenti e delle violenze connesse al loro spaccio, e alla disgregazione di un tessuto sociale tenuto insieme a fatica dai valori della tradizione evangelica. La bellezza del territorio non basta nemmeno più ad attirare gli appassionati di montagna, rafting e camminate: l'ombra perenne della depressione e della disoccupazione spegne ogni ardore.

Lo sa bene Jesse che, non senza paura, decide di rompere con quella tradizione. Se il primo capitolo della trilogia, Lontano da Crum, mi aveva lasciato qualche perplessità, Urlando con i cannibali è decisamente un passo avanti: non traspare quell'autocompiacimento nel rompere gli schemi locali ed è un bene. Per di più, il costante accostamento del West Virginia e di Crum ai luoghi nuovi, pur se non lontanissimi, visitati da Jesse rende i contrasti o le somiglianze ancor più intriganti. Non manca la solita dose di sesso: d'altro canto, con sagacia ma pure intenso realismo, Maynard trasforma l'esperienza di un risveglio religioso una sorta di rito collettivo mistico in cui i fedeli si abbandonano, in trance, alla forza salvifica di un sermone evangelico in un buffo momento orgiastico: «quella cosa chiamata risveglio, era uno sfogo per le persone a cui la vita non forniva tali sfoghi».

E non mancano nemmeno quelli che, in altri contesti, rischierebbero di risultare triti cliché, come la questione razziale.

Maynard è bravissimo, con il suo tono apertamente sarcastico, a sottolineare come ci sia sempre qualcuno da guardare dall'alto in basso: quelli del Nord diffidano di quelli del Sud e, ovviamente, i bianchi pensano che i neri gli siano naturalmente inferiori.

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