Più di una telefonata, un incontro segreto e una chiacchierata casuale alla Camera settimana scorsa. Bossi e Berlusconi stanno uno all’opposizione e l’altro in maggioranza ma si parlano e si tengono d’occhio l’un l’altro, da ex alleati decennali. E la vecchia intesa riemerge qua e là, com’è successo per due votazioni alla Camera e al Senato che hanno rivisto in azione la precedente maggioranza. Lega e Pdl hanno votato insieme sia sul rinvio dell’esame del caso Cosentino (il deputato campano indagato per camorra) sia sull’incompatibilità dei doppi incarichi per i senatori (respinta dall’ex centrodestra).
Su Cosentino i leghisti hanno soltanto preso tempo, perché nelle carte prodotte dal coordinatore campano del Pdl ci sarebbero «tre persone che hanno fatto rivelazioni abbastanza interessanti» spiega Luca Paolini, uno dei due deputati leghisti nella Giunta per le autorizzazioni. Non sembra un favore all’ala berlusconiana, visto che nella stessa giornata il Carroccio ha detto sì (con Idv, Pd e Fli) all’uso delle intercettazioni per Saverio Romano, ex ministro e fondamentale stampella del governo Berlusconi. Ma i padani sono tornati a fare asse col Pdl sulla questione del doppio incarico senatore-sindaco, su cui già si è espressa negativamente la Corte costituzionale. La Giunta del Senato invece ha stabilito, appunto grazie ai voti di Pdl e Lega, che un senatore può fare contemporaneamente il sindaco. Il caso specifico riguardava due pidiellini, Antonio Azzollini e Vincenzo Nespoli, sindaci di Molfetta e Afragola. Ma interessa direttamente anche la Lega, che solo al Senato conta sei primi cittadini tra i suoi banchi: Cesarino Monti (sindaco di Lazzate), Fabio Rizzi (sindaco di Besozzo), Gianpaolo Vallardi (sindaco di Chiarano), Gianvittore Vaccari (sindaco di Feltre), Sandro Mazzatorta (sindaco di Chiari), Roberto Mura (Sindaco di San Genesio ed Uniti). E del resto la questione dei doppi incarichi, come anche quella delle Province da abolire, non ha mai convinto la Lega Nord.
Il Carroccio si è riconvertito celermente da partito di governo a forza d’opposizione, «che le è molto congeniale e che in effetti può portare un accrescimento di consensi» dice proprio Berlusconi. Il rapporto tra lui è Bossi «non è più quello di due mesi fa» spiega il capogruppo leghista Reguzzoni, ma l’asse regge, soprattutto a livello locale, dove si rivoterà a breve per le amministrative (aprile prossimo). Insieme Lega e Pdl governano quattro regioni (Lombardia, Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia), una quarantina di province e centinaia di comuni. E nessuno le sta mettendo in discussione. In Parlamento l’asse è più fluido, perché mentre Berlusconi pranza con Monti e gli promette lealtà, la Lega resta ferma sull’opposizione durissima al governo dei professori. Gli interventi in aula sono tutti sullo stesso registro (quando proprio non si usano i fischietti, come col povero Giarda), basta ascoltare Calderoli per farsene un’idea: «Presidente Monti dia le dimissioni, perché diversamente ci sarà tanta gente che la verrà a prendere a casa. Il suo governo è un colpo di Stato. Napolitano può dire ciò che vuole». I leghisti al Senato chiedono che non si metta la fiducia sulla manovra, ma così sarà e quindi il Carroccio dirà di no.
Intanto i leghisti mettono a punto l’agenda per il dopo Natale.
Ripartiranno le diplomazie col Cavaliere, per convincerlo a trainare il governo verso riforme gradite alla Lega. Ma prima ancora ci sarà la piazza (a Milano il 22 gennaio), il Parlamento padano e il menù di rivolte fiscali contro il «colpo di Stato» dei professori. Lega di diplomazia e di lotta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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