Lega, poltrone e veleni: il successo costa caro

Da Finlombarda alle Ferrovie Nord, un’indigestione di incarichi sta squassando il Carroccio promosso dai sondaggi. All’ultimo consiglio federale lo scontro tra Maroni e Reguzzoni. E a Varese Bossi vorrebbe correre anche senza il Pdl

Lega, poltrone e veleni: il successo costa caro

Un sindaco (Attilio Fontana) che a Varese Umberto Bossi vorrebbe far correre da solo. Senza Pdl e con una lista civica d’appoggio. Un vicesindaco (Matteo Salvini) già prenotato a Milano al fianco di Letizia Moratti. Le amministrazioni di Gallarate e Busto Arsizio in scadenza a primavera e che la Lega vuol tutte per sé. Gli appetiti crescenti su poltrone come Finlombarda o l’appena nato Ente regionale per la ricerca, la statistica e la formazione. I direttori generali della sanità da nominare, posti d’oro che fanno gola. Il consiglio di amministrazione di Ferrovie Nord da rinnovare a fine anno. E su tutto i sondaggi, sia Swg che Ispo di Renato Mannheimer, certi di una zampata della Lega alle prossime elezioni. Con il Carroccio sicuramente primo partito nel Veneto e forse anche in Lombardia. Ma soprattutto in grande avanzata anche nelle regioni non certo "padane" come quelle rosse del Centro e addirittura il Lazio. In tutto farebbe il 12-13 per cento, in grande ascesa rispetto alle ultime politiche, europee e amministrative. Un vero e proprio botto a Milano, invece, dove il Carroccio in Comune l’ultima volta portò a casa appena due consiglieri. Di cui uno, Giancarlo Pagliarini, se ne andò presto transitando prima nella Destra di Francesco Storace e poi nel gruppo misto. "La Lega - spiega ora Mannheimer - rappresenta un’alternativa al sistema che non è l’opposizione. E quindi ha un’enorme potenzialità elettorale".
Un rischio d’indigestione, di voti e di poltrone, che sta mettendo a soqquadro l’universo leghista. Come testimonia il consiglio federale di lunedì in via Bellerio squassato dalle urla. "È solo una lotta di poltrone", quelle di Roberto Maroni di fronte a Bossi. L’ira di un varesino doc, il ministro, impegnato nella difesa del segretario provinciale Stefano Candiani, eletto per acclamazione un anno e mezzo fa e oggi a rischio commissariamento. Su richiesta dell’enfant prodige Marco Reguzzoni, capogruppo leghista alla Camera e membro di quel "cerchio magico", di cui farebbero parte anche Rosi Mauro e il figlio Renzo. E che qualcuno sostiene farebbe da filtro tra il senatùr e il resto del partito. Dove Varese resta sempre il centro del mondo perché la partita che qui si gioca sarà determinante per la guida della Lega lombarda il cui segretario è Giancarlo Giorgetti. Un tempo "delfino" designato dal Capo, oggi insidiato dall’ascesa di Reguzzoni. "Un generale senza esercito", taglia corto un dirigente leghista. Che non ha visto di buon occhio nemmeno le uscite del presidente del consiglio regionale Davide Boni contro il nucleare. "A decidere saranno Bossi e il governo", taglia corto. Lasciando intendere, però, che per Boni potrebbe essere già pronto un incarico di prestigio in Comune. Sempre in Regione tiene banco il caso di Angelo Ciocca, il consigliere sospettato di rapporti con la ’ndrangheta. Un’eresia per i leghisti duri e puri. Malumori anche per il ruolo di Renzo Bossi che sembra crescere di giorno in giorno. Con il vicesindaco leghista di Abbiategrasso Flavio Lovati sfiduciato dal partito che ha chiesto al sindaco Roberto Albetti (Pdl) di togliergli le deleghe.

La colpa? Aver criticato il sindaco di Adro sulla faccenda dei soli delle Alpi nella scuola. Ma soprattutto aver osato esprimere dubbi sull’opportunità di ritrovarsi il "Trota" Bossi al Pirellone. Reato di lesa maestà. E alla Lega non sono abituati.

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