Ci sono architetti, avvocati, biologi, farmacisti, geometri, giornalisti, ingegneri, medici chirurghi, notai. Ma anche: agenti di cambio, commercialisti, geologi, infermieri, periti, spedizionieri, veterinari, tecnologi alimentari. È un esercito potente e variegato, insomma, quello dei professionisti intellettuali: 26 categorie pronte a scendere in campo con una proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma delle professioni intellettuali, elaborata e fortemente voluta dal comitato promotore nazionale «contro la politica di repressione del sistema professionale avviata dal governo». Il testo di legge è stato depositato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 22 marzo scorso (numero 68). Il quorum di 50 mila firme necessario perché la proposta acceda in Parlamento è stato raggiunto con un mese e mezzo di anticipo sul termine di scadenza previsto (30 novembre 2007).
«Questa iniziativa si è resa necessaria in quanto i vari governi che si sono succeduti non sono mai riusciti a varare una riforma unitaria delle professioni. Se ne parlava da anni, ora crediamo sia la volta buona», dice Domenico Podestà, consigliere nazionale dell'ordine degli architetti, una delle categorie maggiormente rappresentate nel dedalo delle professioni intellettuali con 110 mila iscritti in Italia, 2.500 a Genova, quattromila in Liguria, numeri praticamente raddoppiati negli ultimi 20 anni. L'obiettivo? «Dare una spallata al disegno di legge Mastella e bloccare la volontà del governo di sciogliere gli ordini professionali», dice Podestà.
I punti salienti della riforma, illustrata per la prima volta ieri nella sede degli ingegneri, sono cinque: l'individuazione e il riconoscimento delle nuove professioni (previo parere tecnico - scientifico espresso da commissioni nominate dal ministero della Giustizia); la possibilità di costituire società tra professionisti appartenenti anche a categorie diverse; il tirocinio obbligatorio, non superiore a tre anni, (retribuito «con equo compenso») per accedere all'esame di Stato; il codice deontologico adottato dal consiglio nazionale con relative sanzioni disciplinari e la reintroduzione dei minimi tariffari nelle opere pubbliche.
Quest'ultimo punto, inevitabilmente, è destinato a far discutere. «Ma se non esiste una tariffa di riferimento - spiega il presidente dell'ordine degli architetti Giorgio Parodi - ogni gara e ogni appalto pubblici sono lasciati allo sbando. Oggi ci capita di assistere ad offerte anomale che vanno oltre il 70 per cento di sconti. La nostra quindi è una difesa delle regole, non di onorari troppo alti».
Nella riforma dell'ordinamento, che si dipana in cinque titoli e 38 articoli, si fa cenno anche alla possibilità di istituire apposite scuole di formazione e corsi di aggiornamento per i tirocinanti e i professionisti «nel rispetto delle direttive del Consiglio nazionale».
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