Leggera e «contaminata»: l’altra faccia delle trattorie

«Locale dove si consumano pasti a pagamento» è la definizione che il vocabolario fornisce del termine trattoria. Una genericità che si traduce in infinite sfumature di gusto. La base, però, è comune: la tradizione, come modello da seguire o stimolo su cui lavorare. Dopo aver analizzato la scorsa settimana le trattorie tipiche, fedeli alle regole classiche, ecco quelle che cercano di tracciare le linee di una nuova cucina romana. «Un tempo, le ricette erano povere - spiega Renato Astrologo, chef di Renato&Luisa, che ama creare nuovi piatti rivisitando ricette tipiche (via dei Barbieri 25; 066869660) -. Si cucinava con gli ingredienti che si avevano a disposizione. Si mettevano insieme rimasugli di pasta e di formaggio e nasceva la cacio e pepe. Era, però, una cucina pesante, anacronistica al giorno d’oggi, quando tutti cercano la leggerezza. Per salvaguardare il sapore di quei piatti occorrono perciò alcune modifiche. Nella coda alla vaccinara, basta fare il sugo usando pomodoro fresco, più acquoso, al posto della conserva e sostituendo il sedano con una purea di sedano rapa. La trippa si può servire con lenticchie decorticate che, speziate, le danno pure un tocco esotico. Le puntarelle, con aceto balsamico e olio al sentore di aglio, si possono servire con polpo e patate». Tra i maestri della tradizione creativa, Andrea Fusco, chef di Giuda Ballerino!, ristorante ma anche osteria (largo Appio Claudio 344; 0671584807), che ai fornelli di quest’ultima si diverte a giocare con variazioni di bruschette, panzanella con burrata e alici fresche leggermente marinate, strozzapreti alla carbonara con asparagi, bocconcini di petto croccante con gelato ai peperoni. Classico e moderno si uniscono da Primo al Pigneto (via del Pigneto 46; 067013827) in creazioni tutte mediterranee, dal carpaccio di baccalà con insalata di pomodori verdi, mele e cipolle di Tropea alla vellutata di porri e patate con calamari fritti, fino al galletto arrosto con peperoni ripieni e bigné di patate fritti. Le ricette del passato rivisitate con ironia sono la chiave della carta di Necci (via Fanfulla da Lodi 68; 0697601552), a partire dal trancio di tonno pinna gialla con fichi fritti, marmellata di cipolla di Tropea e salsa di aceto balsamico. È una cucina di «sfizi» che mira a recuperare i sapori del territorio, dal piatto al bicchiere, quella dell’osteria ’Gusto (via della Frezza 16; 0632111482). Spazia dalla selezione di carpacci agli agrumi e pepe rosa ai saltimbocca alla romana il menu di InRoma, già Alfredo al Campidoglio (via dei Fienili 56; 0669191024), storico locale degli anni Quaranta - quando era detto il «re della mezza porzione» - spesso usato come set cinematografico. La cucina locale si veste di esotico, spesso senza alterare il suo sapore, da Bibi e Romeo (via della Giuliana 87; 0639735650): «Il filetto di baccalà - dice lo chef Mario Ramadan, che, nella Capitale da 25 anni, si definisce romano di adozione - diventa più leggero, se proposto in tempura su crema di ceci. La cucina romana è ottima ma si può alleggerire, prendendo spunto da altre tradizioni, italiane o straniere. Le alici sono perfette ripiene di mozzarella con un pizzico di sale o pepe.

Piacciono molto le foglie di limone grigliate, usate come contenitore per una farcitura di calamaretti, pangrattato e formaggio». Il minihambuger di salsiccia con cicoria è una delle specialità dell’osteria Centouno (via Fabio Massimo 101; 063235790), che fa anche catering.

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