L'Egitto sprofonda nel caos: il governo lascia E in piazza continuano gli scontri: 40 morti

Ancora in migliaia in piazza contro il governo militare. Secondo Al Jazeera, il primo ministro egiziano, Essam Sharaf ha presentato le dimissioni, rimettendo il proprio mandato a disposizione del Consiglio Supremo delle Forze Armate, che avrebbe accettato le dimissioni. Ma non c'è certezza di questo. Intanto continuano gli scontri a piazza Tahrir. Oltre 40 morti, 1800 i feriti. FOTO - VIDEO: 1 - 2 - Diretta

L'Egitto sprofonda nel caos: il governo lascia E in piazza continuano gli scontri: 40 morti

Piazza Tahrir, la piazza simbolo della rivolta anti Mubarak, è ancora in fiamme. I manifestanti sono scesi in piazza per quella che qualcuno chiama la "sindrome del Gattopardo": il Consiglio supremo delle forze armate che ha preso il potere a febbraio dopo la caduta dell'ex presidente è accusato di continuare la politica di Hosni Mubarak e di tergiversare sulla tabella di marcia per il passaggio del potere nelle mani di un governo civile e democraticamente eletto. Gli egiziani chiedono invece che i poteri vengano assegnati a un governo civile in attesa dell'elezione, tra marzo e aprile, di un nuovo presidente, la fine dei processi militari per i civili, la cancellazione della Legge d’emergenza e soprattutto welfare sociale e sicurezza pubblica.

Il primo ministro egiziano, Essam Sharaf, e il suo governo hanno presentato le dimissioni, rimettendo il proprio mandato a disposizione del Consiglio Supremo delle Forze Armate, che avrebbe accettato le dimissioni. A darne notizia è la tv satellitare Al Jazira. Il portavoce del governo, Mohamed Hegazy ha spiegato che "alla luce delle difficili circostanze in cui si trova al momento il Paese l’esecutivo continuerà ad amministrare il Paese fino a quando non sarà presa una decisione sulle sue dimissioni".

Tuttavia al momento regna la confusione in Egitto. Secondo la tv di stato, il Consiglio supremo delle Forze armate ha respinto le dimissioni. Poco prima al-Jazeera riportava che, secondo un portavoce dell’esercito egiziano, il Consiglio cercava un accordo per l’incarico a un nuovo primo ministro, prima di accettare formalmente le dimissioni del governo guidato da Isam Sharaf. Per il sito del quotidiano ufficiale al-Ahram, invece, non è ancora stata presa una decisione sulle dimissioni.

Nuovi scontri sono in corso intanto tra agenti di polizia e manifestanti in una strada laterale rispetto a Piazza Tahrir: secondo notizie di fonte ministeriale i manifestanti hanno nuovamente tentato di arrivare alla sede del ministero dell’Interno, percorrendo via Mohamed Mahmoud. L’edificio è presidiato da carri armati e schieramenti di agenti in tenuta antisommossa, che hanno respinto i giovani sparando lacrimogeni.

Per il terzo giorno consecutivo in piazza sono scese migliaia di persone. Anche oggi la polizia ha lanciato lacrimogeni per disperdere i manifestanti che hanno risposto tirando pietre e bottiglie. Nonostante il governo neghi l'ordine di sparare sulla popolazione, nei violenti scontri di questi giorni il bilancio ufficiale parla di almeno 22 morti (e non 40 come diffuso in un primo tempo) e 1830 feriti. Le foze della sicurezza hanno arrestato almeno 39 manifestanti e sarebbero responsabili, secondo i cittadini, di un incendio scoppiato all’interno della sede dell’Assemblea nazionale per il cambiamento, il partito di Mohammed ElBaradei lanciando gas lacrimogeni.

uesta mattina almeno 39 manifestanti sono stati arrestati dalle forze di sicurezza egiziane durante i disordini a piazza Tahrir, al Cairo. Lo riferisce il sito web di Youm7, senza fornire ulteriori dettagli. Gli scontri, iniziati sabato, hanno provocato almeno 33 morti e oltre 1.800 feriti. Lo stesso portale ha anche riferito della scarcerazione di 67 persone arrestate nelle ultime ore in relazione ai fatti di piazza Tahrir.

I militanti di 35 tra partiti e movimenti egiziani, che stanno arrivando a Piazza Tahir per fare da "scudo umano" per i manifestanti, hanno intanto denunciato alla Procura generale del Cairo contro il ministro dell’Interno, Mansour Essawy, e il ministro dell’Informazione, Osama Heikal per gli scontri. Dal canto suo il governo dà la colpa a "delinquenti comuni infiltratisi tra la folla" per "attaccare la polizia". 

Bhotaina Kamel, l’unica candidata donna alle presidenziali egiziane, è stata liberata dopo essere stata fermata per meno di un’ora ieri dalla polizia a piazza Tahrir, davanti alla sede del ministero dell’Interno. Lo riferisce la stessa Kamel sul suo account Twitter.

Scontri anche nella penisola del Sinai dove un gruppo di miliziani a el-Arish ha sparato contro la polizia uccidendo un agente e ferendone un altro, che stavano per arrestare un uomo, esperto di esplosivi e leader di un gruppo ispirato ad al-Qaeda.

Il 28 novembre gli egiziani andranno alle urne e dovranno scegliere tra oltre 6.700 candidati, in rappresentanza di 47 partiti politici, molti dei quali nati solo dopo la cacciata di Hosni Mubarak. Prima voteranno per la Camera bassa (in tre tornate diverse, dal 28 novembre nell’arco di sei settimane), poi sempre in tre diversi turni per il Consiglio della Shura. Solo dopo la riscrittura della Costituzione, in teoria tra marzo e aprile, si andrà finalmente al voto del presidente della Repubblica.

Le violenze sono state condannate anche dai candidati alla presidenza. Mohamed ElBaradei sostiene infatti che "il primo responsabile di questa situazione è il Consiglio supremo delle forze armate, che ha ammesso che non può governare il Paese".

Amr Moussa, altro candidato alla guida del Paese, chiede invece di "eleggere il presidente appena possibile": "La mia posizione all’origine prevedeva le elezioni presidenziali prima di quelle politiche e non viceversa come è stato deciso dal Consiglio Supremo militare".

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