"Les Miserables". Il musical a Milano dopo quarant'anni

Spettacolo cult (130 milioni di spettatori) tra rivoluzionari e riscatto dalla povertà

"Les Miserables". Il musical a Milano dopo quarant'anni
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È il caso, davvero, di dire finalmente. Dopo un successo strepitoso a Londra e New York e in tutto il mondo, arriva in Italia con un certo ritardo (poco meno di quarant'anni) «Les Miserables», il musical di culto dei francesi Alain Boublil e Claude-Michel Schönberg, adattato in inglese dal re dei produttori del West End Cameron Mackintosh insieme al paroliere Herbert Kretzmer. Tratto dall'omonimo romanzo di Victor Hugo, «Les Miz» (come viene chiamato dai fan) è un fenomeno da record che, sebbene sia difficile da credere, va in scena ogni giorno dal 1985 nel West End attirando folle di appassionati e turisti che, in visita alla Capitale britannica, non possono esimersi di presentarsi allo Stephen Sondheim Theatre (l'ex Queen's Theatre) in Shaftesbury Avenue. Rappresentato in 442 città di 53 paesi, tradotto in 22 lingue, visto da più di 130 milioni di spettatori, in un world tour che toccherà quindici Paesi, «Les Miserables» approda in Italia in due città, Trieste (dove è appena passato) e Milano, in una versione amplificata intitolata «The Arena Music Spectacular».

È il Teatro degli Arcimboldi a poter ospitare dal 14 al 24 novembre (martedì-venerdì ore 21, sabato ore 16,30 e ore 21, domenica ore 15 e ore 20, biglietto 149,50-28,70, info www.teatroarcimboldi.it) questa versione dello spettacolo studiata per le arene: il Giornale era a ottobre all'Ovo Hydro di Glasgow ad assistere allo show in un catino stipato di 14mila spettatori e non c'è dubbio che l'orchestra con coro di 65 elementi, attori e cantanti in costume, impianto semiscenico d'alta tecnologia, proiezioni video cinematografiche con i primi piani degli interpreti, sopratitoli in italiano, sarà di grande impatto per uno spazio la cui capienza è di 2.400 posti.

Tra gli interpreti di «Les Miserables» basti citare i due principali protagonisti Killian Donnelly nel ruolo di Jean Valjean, l'ex galeotto che si rifarà una vita dopo 19 anni di ingiusta reclusione, e Bradley Jaden nel ruolo dello sbirro Javert, ostinatamente alle sue costole per aver violato la libertà sulla parola.

«Lo show spiega Donnelly, un veterano che ha ricoperto molti ruoli nell'opera e ora veste quelli dell'eroe principale, raccogliendo un'eredità storica da interpreti come Colm Wilkinson, John Owen Jones, Alfie Boe, tutte star riconosciute nel mondo e conosciute in Italia purtroppo solo dagli appassionati è qualcosa a metà tra il teatro e il cinema: noi perfomer siamo vestiti nei costumi di scena, cantiamo davanti a microfoni fissi ma i nostri volti sono visibili sugli schermi, ogni nostra lacrima o sorriso verrà percepito in sala».

La scenografia non è ovviamente quella fissa, costosissima, di Londra (impossibile da portare in trasferta) ma comunque sfoggia un sistema meccanico imponente che fa alzare e scendere parti delle barricate evocanti quelle su cui combattono i rivoluzionari narrati nella storia: sì perché siamo nella Parigi ottocentesca, tra «miserabili» che vivono in estrema povertà e aspirazioni di libertà contro il potere monarchico restaurato, un mondo dove è possibile però la misericordia, attraverso gli occhi di Jean Valjean, che promette alla moribonda operaia Fantine (qui interpretata dall'ottima Channah Hewitt) di accudire la figlioletta Cosette (Beatrice Penny-Touré), la quale si innamorerà, negli anni a venire, del rivoluzionario Marius (Jac Yarrow).

L'altissima qualità di ogni perfomer, la storia capace di commuovere e divertire, l'impatto live sinfonico dell'orchestra rendono «Les Miserables» il musical dell'anno a Milano.

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