Riceviamo e pubblichiamo una lettera in cui sei ex esponenti di punta di An spiegano i motivi per cui nonostante le polemiche di questi giorni continuano a essere orgogliosi di stare col premier nel Pdl. I firmatari sono Alemanno, Gasparri, La Russa, Mantovano, Matteoli e Meloni: il loro impegno è proseguire nel lavoro intrapreso, per rispettare la volontà degli elettori.
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Uno dei filoni polemici di questi giorni chiama in causa chi è approdato nel Pdl provenendo dalla destra italiana: come fate - si dice- a essere coerenti con la vostra storia, fatta di richiami ai principi al rispetto delle regole, di fronte a quanto accade?
È evidente l’interesse di chi solleva il tema a provocare fratture interne al Pdl; ma siamo convinti che la questione meriti una risposta seria; anche perché è una risposta che non va inventata: c’è! Facciamo un veloce passo indietro, fino all’aprile 1948, quando gli italiani, col loro voto, rifiutarono la tentazione totalitaria e si mostrarono in maggioranza ancorati ai valori della propria tradizione. Nei decenni successivi, dall’apertura a sinistra fino al «compromesso storico », la coerenza con la volontà dell’elettorato venne meno, anche per la deliberata estromissione della destra dalla politica che contava: nei quasi cinquant’anni di prima Repubblica si è parlato di una «maggioranza silenziosa», e del tradimento delle sue istanze a causa di un sistema politico bloccato. L’esito più significativo del berlusconismo e dell’ingresso nella seconda Repubblica è stato proprio quello di avere dato voce - con l’ingresso della destra nel governo, e quindi con la costituzione di un unico partito del centrodestra a una maggioranza rimasta in silenzio nel periodo precedente, ponendo stabilmente in sintonia, con mille limiti e fra mille difficoltà, la maggioranza degli italiani e chi li rappresenta.
Ma non è solo una questione di riposizionamento. Se stiliamo un bilancio che annoti quanto «di destra », nell’accezione che comunemente si dà al termine, si è realizzato nella legislatura in corso, abbiamo difficoltà a essere sintetici. Appartiene alla nostra tradizione politica il superamento del mito egualitaristico sessantottino: le riforme della scuola media superiore e dell’università pongono punti chiari in tema di riconoscimento del merito, di eliminazione di sacche di privilegio e di clientela baronale, di opportunità di valorizzazione dei giovani. Nelle nostre sezioni abbiamo discusso per decenni della tutela del lavoro, oltrepassando il contrasto classista fra imprenditori e operai: Pomigliano e Mirafiori costituiscono oggi esempi significativi di un solidarismo che dimostra nei fatti la piena compatibilità fra espansione produttiva, ricerca di competitività e responsabilità sindacale. Ciò che è stato possibile grazie alla parte maggioritaria del sindacato e al fattivo sostegno del governo in carica. È stato possibile perché- in un contesto internazionale di crisi così pesante - si è scelto di non lasciare indietro nessuno, con l’estensione della cassa integrazione, spesso in deroga o in via straordinaria.
Per anni, a destra, abbiamo difeso quasi in solitudine la bandiera della nostra patria quando sembrava eversivo esporla in pubblico in occasioni che non fossero quelle calcistiche. Oggi, nel 150˚ dell’unificazione, quella bandiera sventola in territori difficili e complicati. Sventola sul lavoro svolto con generosità e coraggio da tanti militari italiani, teso a ricostruire, a estirpare le minacce terroristiche, a dare un futuro a popolazioni oppresse, talora pagando il costo più elevato della propria vita. Sventola anche per la determinazione politica dell’esecutivo, e della maggioranza che lo appoggia, di non farsi condizionare dagli attacchi, anche dai più feroci. In ogni luogo del mondo la destra viene identificata con uno slogan forse sbrigativo, ma chiaro da intendere: «Legge e ordine».
Può apparire singolare questo richiamo, nel pieno delle polemiche in corso. Ma sarebbe ancora più singolare mettere da parte il lavoro enorme svolto dai corpi di polizia, e da quella parte della magistratura che opera senza clamore e con risultati, nel contrasto alla criminalità mafiosa: da Castevolturno al Gargano, da Palermo a Reggio Calabria, i successi contro le varie organizzazioni criminali, le catture di latitanti, i sequestri e le confische dei beni, la capacità di intervenire «prima» (come è accaduto per il tentativo della ’ndrangheta di infiltrarsi nei lavori di Expo 2015, stroncato sul nascere) hanno assunto uno spessore quantitativo e qualitativo senza precedenti. Merito di chi opera in prima battuta, ma pure di leggi che abbiamo fortemente voluto, e che hanno prodotto e stanno producendo questi risultati. Per non dire del blocco dei clandestini a Lampedusa. Sarebbe fuori luogo continuare nell’elenco, che vuole essere solo esemplificativo, non esaustivo, di un lavoro che intendiamo proseguire e completare- se sarà possibile - nell’arco della legislatura.
A chi si straccia le vesti per ciò che emerge dall’indagine della Procura di Milano, e che si meraviglia se, con la nostra storia, non prendiamo le distanze e non concorriamo a chiudere quella che viene definita la stagione del berlusconismo, rispondiamo che esiste una linea di confine invalicabile fra i comportamenti privati e i gesti pubblici. Chi ci ha votato anzitutto desidera gesti pubblici: il rilancio dello sviluppo, fondato sulla tenuta dei conti finora realizzata, la definitiva sconfitta della mafia, dopo tante battaglie vinte, la completa realizzazione di infrastrutture attese da anni, l’applicazione delle riforme approvate, dal federalismo all’università. A chi obietta che in ciò che noi riteniamo appartenente al «privato» la magistratura ha individuato dei reati (e quindi non è più «privato »), rispondiamo che il rispetto per l’istituzione «magistratura» non vieta di valutare il senso e la portata delle iniziative persecutorie che da 17 anni interessano Silvio Berlusconi.
L’ultima in ordine di tempo è esemplare per il carattere strumentale e delegittimatorio nei contenuti (ipotesi di reati che trovano smentita negli stessi documenti del procedimento), nelle forme ( non si è mai visto un decreto di perquisizione di 400 pagine, il cui unico risultato è stato di rendere pubbliche le indagini già svolte, senza che vi fosse alcun vaglio in contraddittorio), e quindi negli obiettivi: gettare fango su Berlusconi. È grave che chi ci chiede coerenza non colga che una parte della magistratura italiana ha da tempo assunta su di sé una funzione militante, tesa a vanificare l’azione di governo (si pensi al terreno dell’immigrazione) e di chi guida il governo, e addirittura a sanzionare i comportamenti che valuta non già illeciti, bensì immorali. Rispettare i poteri e gli ordini dello Stato non significa avallare il tentativo di una parte di loro di svolgere funzioni che non le competono.
Sul piano politico, spetta agli elettori decidere se e in quale misura comportamenti privati incidano sulla scelta di chi chiamano al governo. La destra italiana intende continuare, con questo governo e con chi lo guida - così come è avvenuto finora - il lavoro intrapreso per dare seguito alla volontà della maggioranza degli italiani. Spesso una parte significativa del dibattito sui media concentra l’attenzione sui «diritti delle minoranze». Ma tanti italiani (il 75%!) nel 2005 hanno difeso col non voto una buona legge sulla fecondazione artificiale, nel 2007 hanno popolato la piazza del Family day , nel 2009 hanno apprezzato la posizione del governo Berlusconi su Eluana, accettano i sacrifici perché consapevoli della necessità della tenuta economica, vorrebbero i giudici impegnati nel sanzionare i rapinatori più che nell’origliare a spese dello Stato fatti privi di rilievo penale, considerano eroi i nostri militari impegnati nelle missioni all’estero.
Ecco,questi uomini e queste donne da tempo si chiedono: noi che apparteniamo a famiglie normali, che non rivendichiamo i matrimoni per gli omosessuali, che diamo figli alla Patria e alle sue missioni, che vorremmo vivere in quartieri in cui la convivenza non sia posta a rischio dall’immigrazione clandestina, noi che siamo cristiani, per lo meno quanto a tradizione, che non pensiamo che sulla vita vadano operate sperimentazioni, che facciamo: dobbiamo sentirci in colpa? Il «berlusconismo» ha avuto e ha il merito di non far considerare questi italiani, che sono la maggioranza, dei minorati, ma di rendere loro orgogliosi della nazione
in cui vivono. Meglio ancora: è il centrodestra che, con gli italiani, ha permesso tutto questo. Di esso noi siamo parte findall’inizio,e al suo interno intendiamo continuare a operare per il bene della nostra patria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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