I tre moschettieri si fanno donne: l'avventura nella Francia del '600

Anteprima, per gentile concessione della Casa Editrice Piemme, del primo capitolo del romanzo: "Le Bastarde di Francia - L'Angelo e la Vergine" di Alessandra Giovanile e Virna Mejetta

I tre moschettieri si fanno donne: l'avventura nella Francia del '600

Francia

Cécile lotta con disperazione,
ignara di essere a un passo dalla libertà. Una nuova alba illumina lo spirito dei nostri eroi

13 dicembre 1630

Un mucchietto di stracci. Fu quello che il moschettiere vide dopo aver dischiuso l’uscio. Le orecchie ancora gli fischiavano per il boato dell’esplosione che aveva dilaniato il forte e il fumo acre dell’incendio iniziava a graffiargli la gola quando una fiammata più alta, dal cortile, illuminò la stanza, delineando meglio lo scarno arredo. Lui si domandò se quello nell’angolo fosse un mucchio di panni sporchi dimenticato da una lavandaia, ma la forma indistinta si mosse: il bianco di due occhi si fece evidente alla luce traballante delle candele e il moschettiere riconobbe una figura china sulle ginocchia, una ragazza con un groviglio di capelli neri e lo sguardo terrorizzato, che afferrava il bordo di un tappeto. "Mademoiselle Cécile?"

La giovane sollevò la frangia della stuoia ed estrasse uno spadino. Si gettò contro di lui, che d’istinto la schivò, scartando di lato. Lei lo raggiunse ugualmente alla spalla, lacerando la giacca e arrivando a segnargli la carne. Il moschettiere a spada sguainata rispose al secondo attacco della ragazza. De Peyrer uscì dal bosco: "Cécile..." ripeté l’uomo sorridendo e allungando le braccia per invitarla a un abbraccio. Lei si alzò senza muovere un passo. "Un anno e duecentosedici giorni..." replicò. "Cosa?" chiese stupito il capitano. "Ho riconosciuto una spia del regno e sono riuscita a dirgli chi ero, per farlo sapere a voi. E voi arrivate ora? Un anno e duecentosedici giorni dopo." La ragazza fece due passi e si slanciò addosso a de Peyrer, tempestandolo di pugni, fino a che l’uomo non riuscì ad afferrarle i polsi, bloccandola contro il proprio petto, di spalle, in un abbraccio disperato.

Lei scalciava e si dibatteva, gridando insulti e cercando di morderlo. Bayeux distolse lo sguardo e lo volse ai compagni, che erano il riflesso della sua tristezza. Sentiva de Peyrer mormorare tanto dolcemente che non ne riconobbe la voce: spiegava che da poco aveva scoperto che lei fosse in vita, che tutti la credevano morta in mare tre anni prima. "Credi che non avrei fatto tutto il possibile, se avessi saputo?" D’un tratto la ragazza lasciò scappare un grido straziante, accolto dal silenzio della notte, e cadde come una marionetta tra le braccia del capitano. Rimase quieta, con lo sguardo perso nel vuoto, senza che una lacrima le scendesse sulle guance. De Peyrer la voltò contro il petto, sussurrandone il nome.

Bayeux prese il mantello dalla sella e lo appoggiò alle spalle della contessa mentre il capitano la scioglieva dall’abbraccio. "Ti ho trovata, Cécile. Sei al sicuro ora." Un rumore di passi li fece voltare. Dal buio apparve una figura e Bayeux assistette a una sorprendente trasformazione sul volto della fanciulla, come una melodia drammatica che all’im- provviso diventa leggiadra: il viso si distese in un lieve sorriso che contagiò gli occhi. "Olivier?" "Cécile." La fanciulla colmò la distanza da Hauteville e si strinse a lui, che abbassò il capo sulla sua spalla. Sospesa in quell’abbraccio sembrava piccola ed esile come lo stelo di un fiore. Fu Castelmore che osò interrompere il momento: "Hauteville" mormorò. "Sarebbe meglio se ce ne andassimo velocemente."

Il moschettiere appoggiò la ragazza a terra, slacciando le braccia che lo stringevano. Cécile gli accarezzò una guancia sfiorando delicatamente un graffio sul viso. "Hauteville?" Ripeté quel nome a lei sconosciuto. Tabet si era avvicinato con il cavallo e, quando il moschettiere salì in groppa, sollevò la contessa e la poggiò sulla cavalcatura dell’amico. Salirono tutti in sella e galopparono veloci, con il desiderio di allontanarla da quell’incubo. Si fermarono a una locanda quando il sole del mezzogiorno aveva trovato l’orgoglio per affacciarsi tra le nuvole. Bayeux, che aveva viaggiato senza mantello, scese intirizzito lasciando il cavallo ai compagni e si diresse al focolare per scaldarsi. La contessa, accorgendosi dei tanti uomini presenti, si irrigidì e indietreggiò, ma il capitano le circondò energicamente le spalle e i compagni fecero scudo per nasconderla a occhi indiscreti.

Sedettero a un tavolo appartato: lei sollevava a malapena gli occhi. Hauteville aveva portato due caraffe di vino: riempì una tazza e la porse alla ragazza: "So che non ti piace, ma non mi fiderei dell’acqua e la birra è pessima" disse, abbozzando un sorriso che non trovò risposta. Lei tirò fuori una mano dal mantello, tremava tanto che rovesciò un po’ di vino. "Ve ne prego, smettetela di scrutarmi. Fate come se non ci fossi." De Peyrer ordinò della zuppa per tutti e, nell’attesa, gli altri imbastirono chiacchiere rade: un’ombra di pudore sembrava avvolgerli. "Tu sai per quale ragione si trovava rinchiusa in un forte a Bayonne?" sussurrò Bayeux a Hauteville, mentre la contessina seguiva i loro movimenti sostenendo la guancia in un palmo all’altro capo del tavolo. "Io non so ancora come lei possa respirare accanto a noi, in carne e ossa. La credevamo morta, Henri!"

Bayeux spalancò gli occhi. "È accaduto tutto tre anni fa. Cécile era l’unica amata figlia del conte Honoré de La Baume" iniziò Hauteville. "Era uno dei nobili più fedeli a Enrico IV e, in seguito, a suo figlio, il nostro re Louis. Le scaramucce tra la fazione che sosteneva il re e la parte di nobili che appoggiavano un ritorno di Maria de’ Medici e Gaston al Louvre erano frequenti. Richelieu trovò un punto di contatto con la Regina Madre. Venne proposto il matrimonio della figlia di un realista senza macchia come Honoré con il duca Nogaret de La Valette, devoto sostenitore del partito della Medici." Scosse la testa. "Cécile aveva solo sedici anni e il duca cinquantasette di più. Il padre si rifiutò. Non è facile contrapporsi al cardinale, ma Honoré de La Baume era rispettato e aveva amicizie influenti. Affrontò Richelieu e il re, affermando che non avrebbe mai dato il consenso al matrimonio."

Hauteville si tormentava la barba con le dita, mantenendo un tono privo di emozioni: "Il suo rifiuto suscitò clamore. Venne quindi accordato un anno di tregua durante il quale Cécile avrebbe intrapreso un viaggio presso la famiglia materna, i duchi Orsini di Bracciano, in Italia. Dopo poche settimane arrivò la notizia che il brigantino su cui navigava era affondato nel mar di Sardegna". "E il capitano de Peyrer, che relazione ha con lei?" chiese Bayeux. "L’ha vista crescere. Cécile ha ballato sulle sue ginocchia da infante, ha cacciato con lui da ragazzina. Lui ha asciugato le sue lacrime quando morì la madre e il padre era troppo disperato per farlo. Honoré de La Baume era suo amico stimato." "E tu? Ti ha abbracciato come se..." investigò Bayeux.

"Alcune terre della famiglia de La Fère confinano con quelle dei vigneti de La Baume. Cécile era come una sorellina per me." Nel frattempo era arrivata al tavolo una zuppiera colma di brodaglia gialla in cui galleggiavano delle foglie di alloro. "Cécile, mangia qualcosa" la pregò il capitano riempiendole il piatto, e una piega alle labbra rischiarò il volto della giovane per un istante rasserenata dal tono familiare. Durò un attimo: una forte risata a un tavolo vicino le fece alzare il capo con gli occhi spalancati. Poi il petto cominciò a levarsi rapido al ritmo del respiro e un fiotto di lacrime le rigò le gote.
Bayeux pensò con sollievo che il pianto le avrebbe fatto bene. "Non posso ancora credere che sia finita..." mormorò la ra- gazza, quasi inudibile. "È finita, contessa" confermò Tabet. "Tutti vigileremo affin- ché non vi succeda più nulla."

"Siete gentile, monsieur." "Deliziosa, la zuppa!" Portau cercò di sviare l’attenzione come lei aveva chiesto e finalmente iniziarono a parlare di sciocchezze. "Capitano, partiamo tra un paio d’ore?" si informò d’un tratto Castelmore. "Riposeremo un po’" rispose lui lanciando un’occhiata verso la ragazza. "Gli uomini al forte erano pochi e..." "Cinque, ce ne sono sempre cinque" precisò Cécile in tono basso, ma così deciso che tutti si voltarono a guardarla. "Con quattro moschetti e otto pistole. Il giovedì ne arrivavano altri due." Impugnava con forza il cucchiaio. "Venivano sempre altri due schifosi spagnoli per dare il cambio." De Peyrer strinse le labbra. "Ci racconterai tutto quando arriveremo a Parigi."

"Non vi racconterò niente e non verrò a Parigi." Levò appena le ciglia a guardare il capitano. "Voglio andare a casa mia, a La Baume" terminò in un sussurro. De Peyrer si raddrizzò sulla sedia, scambiando un’occhiata con Hauteville. "Va bene" disse con poca convinzione.

"Ora sei sotto la nostra protezione, Cécile" ribadì incoraggiante. "Con noi sarai al sicuro." Lei scosse la testa tornando a girare il cucchiaio nella zuppa. Passava dall’allarme, alla forza, alla prostrazione in un batter di ciglia. "Non sarò mai più al sicuro."

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