Battiato e Sgalambro, incontro straordinario

Il cantante e il filosofo seguivano strade insolite ma convergenti nel segno di idee controcorrente

Battiato e Sgalambro, incontro straordinario

Sfugge alla cronaca l’incontro tra Manlio Sgalambro e Franco Battiato. E comunque alla cronaca sfugge sempre l’essenziale. L’essenziale dovremmo immaginarlo. C’è una testimonianza diretta, orale di Franco. Era a cena a casa di Roberto Calasso e Fleur Jaeggy quando il Fondatore di Adelphi gli comunica di avere acquisito i diritti di un libro, inclassificabile, di un filosofo siciliano. Dopo questa prima “notizia” – riferisce Battiato nella stessa testimonianza orale – i due si incontrarono di persona, in occasione di una presentazione, piuttosto vivace, di un libro di poesie, incontro animato da un amico comune, anche lui editore molto raffinato, Angelo Scan durra.

La conoscenza l’uno dell’altro ha comunque preceduto l’incontro. La conoscenza l’uno dell’altro è avvenuta, prima che di persona, nei corridoi che attraversano i libri, in mondi lontani e realissimi dove ogni testo, nel reticolo dei suoi rimandi, affonda. In questo spazio entra in gioco l’immaginazione, per ricostruire la mappa dei testi che li ha avvicinati. È una mappa che coincide a grandi linee con segmenti di catalogo della casa editrice Adelphi, casa di entrambi, in quegli anni.

Nel 1982 – quando lo stesso Battiato colloca la prima notizia di Sgalambro in casa Calasso/Jaeggy – viene pubblicata La morte del sole di Sgalambro. Ma, prima ancora, nei labirinti di Adelphi, chi aveva incontrato Franco? Certamente gli Incontri con uomini straordinari di Gurdjieff (1977), come racconta nel suo film autobiografico PERDUToAMOR. Ma, oltre alla possibilità del risveglio, di una nuova via per la coscienza e la conoscenza, anzi dentro questa nuova via, Battiato scopre un nuovo sguardo sulla scienza e sulla natura, che lo caratterizzerà per sempre. Proviamo a immaginare la meraviglia nel leggere, nello stesso anno in cui appare La morte del sole, il 1982, Il Tao della fisica di Fritjof Capra (pubblicato nella Biblioteca Scientifica di Adel phi, come numero 3), incentrato sulla “fondamentale interconnessione della natura”, sulla “compenetrazione” tra gli elementi dove Albert Einstein dialoga con le immagini della Danza di Shiva.

Poco più avanti, nel 1984, appare il numero 5 della Biblioteca Scientifica, Mente e natura di Gregory Bateson, libro decisivo per una visione olistica del pensiero e della natura: “Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?” E ancora: “Il conoscere di ciascuno di noi è solo una piccola parte di un più ampio conoscere integrato che tiene unita l’intera biosfera o creazione.” Sono atmosfere che ritroviamo in tante canzoni di Franco, sempre alla ricerca dei “codici di geometrie esistenziali” nella natura. E come non pensare a “To be a Kangaroo. To be a spider. Metamorphosis is coming”, dei X stratagemmi. Ma alla lettura di questi libri di scienza eretica venni risospinto quando vidi PERDUToAMOR.

Nel film, il giovane Franco Battiato (Corrado Fortuna) propone a una decisa editor il manoscritto di un suo libro. L’editor nel film è interpretata dall’allora editor Elisabetta Sgarbi, che si muove negli uffici dell’allora Bompiani in via Mecenate 91, in particolare nell’ufficio dell’allora direttore editoriale Mario Andreose che, nel film, è interpretato da Simona Benzakein (storica direttrice della Warner che produsse – e incitò – quel film di Battiato). A Mario Andreose, Franco destinò il ruolo di astante al bancone del bar Taveggia, con strepitosa alzata di sopracciglio.
Il dattiloscritto che, per insistenza dell’editor, verrà pubblicato, si intitola Repicephalus Sanguineus. Diario di un insetto.

“Né un romanzo né un saggio” dice la Sgarbi per giustificare la volontà di pubblicare un libro così impervio alla Direttrice editoriale (appena uscita da una accesa discussione per i diritti di John Steinbeck. E qui c’è una premonizione di Franco: qualche anno dopo la Sgarbi, diventata Direttrice editoriale, trattava in una telefonata altrettanto accesa i diritti di Steinbeck con l’agente letterario Luigi Bernabò). Per tornare al libro, il giovane Battiato scrive un’autobiografia in forma di diario di un insetto, una connessione più che metaforica tra il mondo della natura e l’uomo, una metamorfosi che inizia a manifestarsi e che, immagino, maturi proprio tra le pagine di quei libri straordinari.

Il primo libro della Biblioteca Scientifica di Adelphi fu Verso un’ecologia della mente, dello stesso Bateson, del ’77. Qui si affaccia il concetto di mente, non intesa in senso personalistico (la mia mente, la tua mente) ma in senso panico, trascendentale, che tanta parte avrà nel catalogo Adelphi, nella produzione letteraria e filosofica di Roberto Calasso e nelle meditazioni di Franco Battiato sui maestri tibetani. E sempre tra i primi volumi della Biblioteca Scientifica, nel 1979, compare Pierre-P. Grassé.

L’evoluzione del vivente, un saggio che impronta la posizione di Franco Battiato sull’evoluzione della specie, posizione che ha sempre tenuto, sino alla fine, schernendo chi vorrebbe dedurre l’uomo dalla scimmia, in una sorta di positivismo darwinistico. Grassé, nel suo capolavoro, indica che “le mutazioni, per numerose che siano, non implicano obbligatoriamente un’evoluzione, variare è una cosa, evolvere un’altra.

Ancora metamorfosi. Insomma l’incontro con Sgalambro avveniva mentre Battiato iniziava il suo viaggio in una scienza della natura ricolma di suggestioni, lievito della sua arte, che andava concentrandosi nella forma di canzone popolare (che “nasce da meccaniche divine”, però); queste letture sostanziavano il suo sguardo anticonformista, libero, originale sul mondo (“L’autentico sentimento scientifico è impotente di fronte all’universo”, avrebbe cantato Franco in 23 coppie di cromosomi).

E mentre Battiato affinava il suo sguardo sulla natura, scovandovi lo spirito unitario che in essa alberga, Manlio scriveva la sua Morte del sole, in solitudine, fuori dalle accademie, e iniziava a percorrere gli stessi corridoi testuali della casa editrice Adelphi.

I due riferimenti per La morte del sole, Nietzsche e Schopenhauer, inaugurano la Biblioteca Filosofica di Adelphi. Dalla metà degli anni Sessanta inizia a essere pubblicata la leggendaria edizione critica di Giorgio Colli e Mazzino Montanari delle opere di Nietzsche, che dà “il tono” alla casa editrice. E tra il 1981 e il 1983 escono i due volumi dei Parerga e Paralipomena di Arthur Schopenhauer, sempre a cura di Giorgio Colli.N Non si tratta di riferimenti puramente contenutistici. Nietzsche e Schopenhauer entrano nella tessitura dello stile di Manlio Sgalambro, nella sua postura esistenziale e filosofica, sempre distante dalle conventicole accademiche (cosa che certo affascinava lo spirito libero di Battiato).

Nietzsche e Schopenhauer non rientravano nell’ironia di Battiato (immagino), ma attraverso di loro (e attraverso Giorgio Colli) Manlio Sgalambro guadagna uno sguardo sulla natura meno oggettivante, meno freddo, quasi animato. Fuori dalla “luttuosità del numero” (La morte del sole). E, attraverso Schopenhauer (e Colli), Sgalambro guadagna un’apertura sull’Oriente.


E qui la natura di Sgalambro e quella di Battiato si incontrano, non direttamente ma attraverso la mediazione dei libri che potevano leggere in quegli anni, tra la Biblioteca Scientifica e la Biblioteca Filosofica.

(dalla rivista Pantagruel Franco Battiato).

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