La storica editrice Penguin si è rifiutata di offrire il proprio catalogo per allenare l'intelligenza artificiale. La motivazione è la difesa del copyright, ma questa, sfortunatamente, finisce per eludere il vero problema. Chiaramente la letteratura rischia di essere mortificata dalla «riproducibilità tecnica» più di quanto il rischio non coinvolga l'ego degli autori. La domanda da porsi dunque non è tanto quanto e come un'intelligenza non umana possa copiare o scrivere romanzi, saggi e poesie. La vera questione è chiedersi perché dovrebbe farlo. Chiedersi, cioè, perché dovremmo volere che qualcosa che pretende di essere intelligente, di somigliare all'attuale modello di intelligenza che intendiamo superare. Ovvero: che ce ne facciamo di un'intelligenza che sappia fare ciò che noi facciamo da sempre? La risposta è niente. È quel che sosteneva l'informatico Edsger Wybe Dijkstra: «La domanda se un computer possa pensare non è più interessante della domanda se un sottomarino possa nuotare». La partita contro l'intelligenza artificiale è persa in partenza. Come sostiene Kant: «Sebbene l'arte meccanica e l'arte bella siano molto diverse l'una dall'altra, tuttavia non c'è arte bella in cui qualcosa di meccanico non costituisca l'essenziale condizione dell'arte».
Ecco come spiegare la scelta di Penguin di smarcarsi dall'ineluttabilità dell'Ia, non potendo competere sulla potenza di calcolo si tenta di tenere a distanza dall'appetito della macchina ciò su cui si deve dar di conto, la vita vera, non immaginata da una macchina. La vita senza postulati. Cosa si nasconde nel copyright se non il fantasma del tempo libero? Avere diritti è, prima di tutto, avere libertà positiva, cioè di produrre. La letteratura, tra tutti i prodotti, è quello che contiene più libertà e limiti allo stesso tempo, poiché è espressione tanto della capacità potenzialmente infinita del pensiero, quanto dei limiti pratici di una mente e un vocabolario finiti. Rendere infiniti i secondi depotenzia, eliminando la possibilità dell'infinito, la capacità stessa.
Quel che viene fuori, seppure all'apparenza identico, sarà il risultato quindi di uno rovesciamento vertiginoso in cui la tecnica è illimitata e la libertà violata. Ma nell'arte non vale la proprietà commutativa. Per questo Penguin, con il suo grande no, si oppone non tanto alla lettura, quanto al suo opposto, all'angelo caduto.
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