Oggi è il cinque maggio, data che evoca per noi italiani il titolo di una delle nostre poesie più belle e dell'uomo alla quale fu dedicata.
Ma il Cinque Maggio non è un'ode funebre: la morte di Napoleone Bonaparte è un pretesto. Il Cinque Maggio è, insieme al Canto XIII del Purgatorio, la più grande autobiografia intellettuale della nostra letteratura, e sarebbe buona cosa se tutti gli intellettuali si misurassero, ogni tanto, con le sue parole. È infatti di se stesso che parla Alessandro Manzoni (foto), in questi versi sconvolgenti. Di se stesso come scrittore, come figura pubblica e come uomo comune di fronte all'enigma della Storia.
«Lui folgorante in solio/ vide il mio genio, e tacque». L'intellettuale di mestiere parla, sente di dover dire la sua in tv, sui giornali, sui social. Partecipa a dibattiti, petizioni, raccolte di firme, protesta, si indigna, fa sentire la sua voce davanti alla demenza del
potere, compreso quello che potrebbe venire, anche se per adesso non c'è. E questo è giusto: l'intellettuale ha il dovere di guardare avanti, di leggere il movimento della Storia.
Non credo però che tutti siano poi disposti a perdere qualcosa d'importante: non dico la vita, ma una collaborazione, una consulenza, insomma un posto in un libro paga. E questo è vero per tutti, compreso il sottoscritto. Siamo, almeno qui da noi, personaggi da commedia: guardiamo la tragedia (chi meglio, chi peggio) ma non ci siamo dentro. Per adesso, grazie al cielo, il bersaglio sulla fronte ce lo disegniamo da soli.
Manzoni ebbe la forza, la fortuna e il genio di evitare questa parte. Assiste all'ascesa e alla caduta del grande tiranno, e tace. Si sottrae tanto al «servo encomio» quanto al «codardo oltraggio». Lui, che proprio allora stava cominciando ad aprire un nuovo capitolo nella storia della Letteratura, innalzando al posto di re e regine, di principi e di notabili, un coro di poveri, di perdenti, di oppressi.
Manzoni ha rivoluzionato il rapporto tra Storia
e Letteratura, ponendo un segnavia dal quale nessuno, poi, ha potuto prescindere. Ma ci ha insegnato che non è necessariamente l'«impegno» a definire un intellettuale.
Piuttosto, la capacità di muovere un passo oltre gli eventi, oltre le maschere della Storia, oltre il ricatto del tempo, di affrontare contro ogni retorica la nudità degli esseri umani - tutto questo può definire la vera natura dell'impegno, la sua consistenza oltre i proclami e le bandiere.Un intellettuale appartiene, insomma, al proprio pensiero e a nient'altro. Non a caso il cattolico Manzoni morì inviso ai cattolici.
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