Una storia mai raccontata e un popolo misterioso, quello degli Ittiti. Due elementi che lasciano il segno nel romanzo Il più giovane dei Re - I segreti del Regno di Hatti (Piemme), di Valentina Cambi, autrice, sceneggiatrice ed esperta di lingua ittita, che ha trasformato tutta la sua passione per questo glorioso popolo in un libro magico. Il suo 'incantesimo' è nell'accurato racconto storico, ma soprattutto nella forza del protagonista. Quel "Re" voluto dal destino. che a questo si è piegato per amore del suo popolo, resistendo ad enormi avversità in un esempio di resilienza che è il vero potere dei grandi animi. Un'avventura che corre veloce su una strada impervia e che riporta alla luce un popolo dai mille misteri e dalla grande modernità, come racconta l'autrice nella nostra intervista.
Da dove nasce la sua passione per gli Ittiti?
"Tanto tempo fa, all’università. Mi sono laureata in Lettere classiche, in glottologia, con una tesi sulla lingua ittita. In seguito, durante il dottorato in linguistica, mi sono ulteriormente specializzata in questa lingua, trascorrendo, inoltre, in quegli anni, periodi di studio e ricerca in Germania e in America".
Più che un romanzo la sua sembra una sceneggiatura, una sorta di film da “leggere”. Da dove è partita per costruirla?
"Dalla figura storica di Mursili II, intorno al quale ruotano le vicende de 'Il più giovane dei Re'. Di questo sovrano abbiamo un’ampia documentazione, e le vicissitudini che dovette affrontare nella sua vita mi sono sempre sembrate un terreno fertile su cui costruire una storia piena di pathos e spunti di riflessione. Non appena salito al trono, data la sua giovane età, molti si opposero al suo potere, il suo regno fu flagellato per vent’anni da una spaventosa epidemia, e dovette fare i conti con la presenza di una matrigna “ingombrante”, nonché Gran Regina di Hatti, che fu accusata di aver cospirato alle sue spalle e di avere addirittura usato pratiche di magia nera contro scomodi avversari, cari a Mursili stesso".
La storia sottolinea come il destino può cambiare le sorti della vita, che insegnamento voleva dare con la storia del protagonista?
"Credo che spesso la vita ci metta davanti a situazioni inaspettate, che non avevamo programmato e aggiungerei che questa imprevedibilità ci rende ancora di più artefici del nostro destino; il “mio” Mursili affronta sempre con abnegazione e resilienza tutte le avversità che si frappongono lungo il suo cammino, sapendo che dalla sua condotta e, quindi dalla benevolenza degli dèi nei suoi confronti, dipende la sorte del suo popolo. Un grande potere e una grande responsabilità, che possono schiacciarti e farti perdere la bussola, se non sai davvero chi sei, anche se sei il Re".
Gli Ittiti, a differenza di altri popoli, non sono stati troppo attenzionati, la sua è stata una sorta di rivalsa per questo popolo, e cosa ha voluto portare alla luce che la gente non conosce di loro?
"Sì, uno dei miei intenti era riportare alla ribalta gli Ittiti, che furono protagonisti indiscussi del loro tempo. Sono soprattutto conosciuti come un popolo guerriero, ma ci sono tanti aspetti della loro civiltà che li rendono estremamente affascinanti e “moderni”. Erano molto tolleranti e inclusivi, a partire dal loro pantheon, che essi stessi definivano enfaticamente 'i mille dèi di Hatti', vivevano in una società multiculturale aperta alle altre civiltà e ad assimilarne alcuni elementi, tanto che molte lingue diverse sono documentate nei loro testi. Le loro leggi prevedevano soprattutto forme di risarcimento piuttosto che pene brutali o capitali, e le donne avevano ruoli attivi nell’amministrazione statale".
Quanto è stata lunga la ricerca storica prima di scrivere il romanzo e su cosa si è basata?
"Come accennato, ho studiato per diversi anni questa civiltà e la loro lingua e, nel tempo, ho continuato ad aggiornarmi. La ricerca si è basata su numerosi contributi di studiosi italiani e stranieri, esperti di lingua, storia, cultura, archeologia e arte di questo popolo. Inoltre, grazie alla mia conoscenza dell’ittita, ho potuto attingere informazioni dai testi originali".
Quando lo ha scritto a che tipo di lettore si è ispirata?
"A tutti! Il romanzo è rivolto a ogni lettore che sia curioso di conoscere nuovi personaggi, che siano sì calati in un contesto storico poco conosciuto e per questo pieno di fascino, ma che mostrino bisogni e aspirazioni universali, tanto da essere simili a noi".
La gloria passa per strade impervie, come ha sottolineato nel suo romanzo, vincere le avversità è l’unico modo per ottenerla o per crescere nella vita?
"La gloria è difficile da ottenere, non è scontata, ma soprattutto non è gratuita, è necessario fare sacrifici e mettersi sempre in gioco, senza demordere, consapevoli che, comunque, potrebbe non arrivare mai. Tutto questo porta senza dubbio a crescere e ad avere una maggiore consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, e questo è già di per sé motivo di 'personale gloria'".
Ci sarà un seguito? Gli elementi ci sono tutti.
"La mia idea è sempre stata quella di scrivere una vera e propria saga sul regno di Hatti. Il materiale c’è, e anche l’entusiasmo, che mi ha sempre spinto a confrontarmi con i gloriosi Ittiti, oggi come in passato".
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