LIBERTÀ DI PAROLA

Si potrà parlare, un giorno in Italia, serenamente, di ciò che dicono un vescovo, il cardinale Ruini, il quotidiano Avvenire, l’Osservatore Romano? O, invece, saremo sempre obbligati a discutere non di ciò che dicono ma se è giusto o no che parlino?
Possibile mai che, ancora oggi, si intenda la laicità come un contenuto e non come uno spazio in cui tutti possano dire la loro? Pensavamo, con tutta sincerità, che dopo gli esiti del referendum, «esiti plebiscitari», si fosse iniziato a ragionare sul fatto che prima delle divisioni politiche anche in Italia ci sono degli orientamenti etici e che di essi la Chiesa si era fatta interprete fedele. In particolare la vera e propria battaglia condotta dal cardinale Camillo Ruini in occasione del referendum aveva ottenuto un successo che evidentemente era molto radicato nella coscienza degli italiani.
Perché la Chiesa parla di etica? In base a quale principio lo fa? In base a quale idea ritiene di doversi rivolgere a tutti gli uomini e non solo ai credenti? La Chiesa fa tutto questo perché ritiene che prima della legge positiva, della legge umana, delle leggi degli uomini fatte dagli uomini ci sia una legge naturale, cioè una legge iscritta nella natura umana dell’uomo stesso. E ritiene anche che questa legge naturale indichi dei diritti inalienabili dell’uomo, diritti che l’uomo ha dal momento stesso in cui nasce. Questa convinzione della Chiesa ha una radice antica, greca e romana e poi medievale. Solo per citare il più grande filosofo medievale, San Tommaso d’Aquino, egli sosteneva che esistono tre tipi di legge: la legge eterna che è quella disegnata da Dio per il cosmo e per l’uomo, la legge naturale che è quella iscritta nella natura stessa dell’uomo e infine la legge umana che è quella fatta dall’uomo. L’uomo nel fare le leggi non dovrebbe mai andare contro la legge di natura perché andando contro di essa andrebbe contro la natura umana stessa.
Questo è l’orizzonte culturale e ideale nel quale la Chiesa parla. Indica dei diritti che nessuna legge umana può calpestare, dai quali nessuna legge umana può derogare. Questi diritti naturali non presuppongono la fede, presuppongono la razionalità e, per questo, la Chiesa si rivolge a tutti gli uomini, indipendentemente dal loro credo.
Lo ha fatto in occasione del referendum dove erano in discussione questioni riguardanti proprio la natura umana, nella forma potenziale dell’embrione. La risposta degli italiani e delle italiane a questo richiamo umano della Chiesa cattolica è stato al di là di ogni aspettativa. Perché? Forse proprio perché questo appello si rivolgeva all’uomo in quanto uomo, non all’uomo in quanto cristiano. Lo stesso fa la Chiesa oggi, per quanto riguarda la famiglia e le varie forme alternative di convivenza. Il cardinale Ruini ha fatto delle aperture verso le forme diverse di convivenza da quelle matrimoniali. Ha richiamato, però, pur riconoscendo la possibilità di qualche forma alternativa, la naturalità della forma matrimoniale come forma «normale» di unione fra un uomo e una donna. Si può non essere d’accordo col cardinale Ruini (lo scrivemmo anche in occasione del referendum sulla fecondazione assistita), non si può non essere d’accordo sulla sua libertà di parola e sulla sua libertà di richiamare gli italiani alle norme della legge naturale. È squallido dovere ancora attardarsi a queste pretestuose discussioni sulla legittimità che i vescovi parlino delle questioni etiche.

L’onorevole Gloria Buffo dei Ds ha affermato che non sono i vescovi i custodi della legge italiana. Per fortuna, diciamo noi. Non si può però loro negare di essere i custodi della legge naturale, che loro stessi ritengono dover guidare le scelte umane sui valori di fondo.

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