
Katharina, Kalasso, Kasch, Kafka, Ka, K.
Karma, invece, è un termine in uso nei Veda, dove è inteso come «atto» o «evento rituale». E - come racconta Anna Katharina Fröhlich - i riti, le forme e gli atti cerimoniali sono sempre stati importantissimi nella relazione durata venticinque anni fra lei e Roberto Calasso, del quale fu l'amante, l'allieva, la madre di due figli e - se non la moglie: quello fu il ruolo di Fleur Jaeggy - la «sposa».
Prima le presentazioni.
Lei è Katharina Fröhlich, nata in Germania, land dell'Assia, madre traduttrice, padre scrittore e patrigno editore, cresciuta a Francoforte sul Meno e a Monaco, che da giovane si trasferisce in Italia, sul lago di Garda, a Mornaga, dove vive ancora oggi in una «casa della vita» piena di arredi antichi e ricordi di viaggi, con un meraviglioso giardino all'italiana. Che è la sua passione, assieme ai libri e la scrittura.
Lui è Roberto Calasso, lo scrittore amico dei grandi editori e editore di ancora più grandi scrittori; natura riflessiva e carattere imprenditoriale; saggista e narratore, senza che abbia mai sentito il bisogno di distinguere la letteratura dalla saggistica; ed è colui che ha dato l'impronta ad Adelphi.
Si conoscono nel 1995 alla Frankfurter Buchmesse, la Fiera del libro di Francoforte. Lei ha 23 anni ed è bellissima e curiosa. Lui ne ha 54 ed è colto e affascinante. Lei vorrebbe vivere nel salotto mondano dei Verdurin, lui è già «una specie di Madame de Guermantes» tra gli editori. Lei ha il dono dell'eleganza, lui della sprezzatura.
Domanda: cosa succede quando una donna avventurosa incontra un cacciatore celeste?
«L'attimo del nostro primo incontro allo stand di Matthes&Seitz fu il più fatale della mia vita». Di solito, il venerdì della Buchmesse, Calasso andava a cena al Restaurant Français con Vladimir Dimitrijevic, il fondatore delle Éditions L'Âge d'Homme. Quella sera invitò lei.
«Qualunque cosa potesse accadere, avrei seguito quest'uomo poiché intuivo che mi avrebbe amata come desideravo, avevo la percezione che con lui non avrei sprecato il mio tempo, che una vita vicino a lui forse non sarebbe stata facile, giammai però mediocre».
Katharina e Calasso, come «sodali» di Adelphi, simbolo di morte e rinascita, sono rimasti insieme da quel giorno fino alla morte di lui, nel 2021, in un amore che rinasceva ogni volta e non morì mai e che portò fughe, viaggi, letture, amicizie, due figli (Tancredi che oggi ha 18 anni e Josephine che ne ha 27) e infiniti libri: letti, tradotti, pubblicati, scritti.
Ora Katharina Fröhlich ha deciso di scrivere il libro della sua vita, che è il suo sesto ma il primo tradotto in italiano: La trama dell'invisibile (Mondadori). Che non è un romanzo, anche se racconta una storia da romanzo che tutti vorremmo vivere; che non è un saggio, perché la scrittura è troppo letteraria; e che non è neppure un memoir in senso stretto: è qualcosa di più, un Journal sentimentale e intellettuale a cui l'autrice, in stato di grazia, consegna un nuovo ritratto di se stessa attraverso un ritratto inedito di Roberto Calasso per raccontare l'amore di una setta à deux che onorava le analogie, le corrispondenze, l'ascesi, l'eros e la letteratura assoluta.
A proposito di letteratura. Il libro La trama dell'invisibile, un titolo molto adelphiano ma che esce da Mondadori - anche se la Fröhlich siede nel Consiglio di amministrazione della casa editrice che fu di Roberto Calasso - è capace di portare il lettore dentro molti mondi. C'è un mondo fatto di carne e di carta, che l'autrice ha la capacità di farci rivivere come se lei e Roberto, e noi con loro, fossero sempre su un palcoscenico o dentro un film in bianco e nero, fra grandi alberghi, prime teatrali, entrate trionfali, vagoni-ristorante, cene con artisti e scrittori, fra gelosie e perdoni (chi di noi non ha mai pensato «La ragione continuava a consigliarmi di porre immediatamente fine a questa storia d'amore, il mio istinto ostinato di continuarla»?)...
Poi c'è il mondo di Calasso, un uomo che sa che la cultura è prima di tutto educazione dell'attenzione e che nella gerarchia delle cose l'assenza ha un rango superiore rispetto alla presenza; che in qualsiasi città si trovasse visitava sempre le chiese e, pur non seguendo alcun precetto ecclesiastico, accendeva candele davanti agli altari; che era scaramantico (mai rompere uno specchio, perché è emblema di verità); che non era un moralista (e non pronunciava mai la parola «morale»), che amava la letteratura tedesca, la parola Faulpelz, «pigrone», il cocktail Milano Torino, l'idea di stile (che è il banco di prova per la sincerità di un essere umano), l'India, la bellezza (che nelle donne per lui era l'unico elemento decisivo), i segreti («Il segreto più grande rimane comunque il serpente», come gli bisbigliò una volta, al momento del commiato, Ernst Jünger) e che aveva nella riservatezza la sua miglior virtù e nell'arroganza e la severità di giudizio i suoi peggiori difetti.
E infine c'è un mondo intellettuale, «quella costellazione di menti che ruotavano intorno ad Adelphi», di cui Katharina finirà per fare parte: la vedova di Bruce Chatwin, Elizabeth; Sergio Quinzio, Guido Ceronetti, Vladimir Dimitrijevic, Iosif Brodskij (accanto alla tomba del quale, sull'isola di San Michele a Venezia, Roberto Calasso è sepolto) e tanti, tanti altri.
Un intero catalogo... Compagni uniti in una collaborazione fraterna - adelphi - di cui Calasso fu una sorta di Gran Sacerdote e Katharina la vestale incaricata di custodire il fuoco sacro. Assieme a quello dell'amore e della scrittura.
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