L'incognita del governo di coalizione

Cameron non ha convinto del tutto il proprio elettorato, ma con il 36% dei consensi e il maggior numero di seggi in parlamento è riuscito a mandare a casa il governo in carica. I laburisti sono andati meno peggio el previsto. Paradossalmente Gordon Brown può lamentarsi solo dell'insuccesso di Clegg, che rende impossibile un'alleanza tra i Lib-Dem e il Labour

L'incognita del governo di coalizione

Londra - Alla luce dei risultati il voto nel Regno Unito vede tre sconfitti: David Cameron, che ha vinto ma non ha la maggioranza assoluta, Gordon Brown che è stato sconfitto ma è riuscito a limitare i danni e, infine, Nick Clegg, alle prese con una rivoluzione fallita. Sarà un "parlamento sospeso", cioè senza una maggioranza definita. Difficile, dunque, che ne possa uscire un governo forte e stabile, come ha promesso Brown. Cameron è sicuramente colui che ha meno da rammaricarsi: dopo tutto, la maggioranza assoluta era un’ipotesi lontana e i Tories hanno conquistato il maggior numero di seggi e la maggior parte del voto popolare (il 36% contro il 29% dei laburisti), il che dà loro legittimità alla luce di un possibile tentativo di varare un governo di minoranza o coalizione. Cameron non ha convinto del tutto il suo elettorato, ma Downing Street non sembra poi così lontana anche se la prassi vuole che ad avere la prima possibilità di formare un esecutivo sia il premier uscente.

Laburisti delusi dai Lib-dem Il primo ministro in carica Brown vede il Labour tenere oltre le aspettative ma, paradossalmente, a frustrare le sue aspirazioni è il deludente risultato dei Liberal-Democratici che - anche se manca ancora la certezza aritmetica - lascerebbero una ipotetica coalizione Lib-Lab senza la maggioranza assoluta: i giochi quindi si complicano e per il leader laburista trovare la soluzione del rompicapo potrebbe rivelarsi alla fine impossibile. Clegg deve incassare la sconfitta più amara di tutte: il partito Liberal-Democratico è passato dalla possibile rivoluzione di farla finita con l’eterno bipolarismo alla conferma della "ghettizzazione" alla quale lo condanna di fatto l’attuale sistema elettorale: pur avendo guadagnato un punto percentuale nel voto popolare (sfiorando il 23%), i Lib-Dem si ritrovano con un pugno di deputati in meno.

Unica chanche per Clegg I Liberaldemocratici possono decidere solo di allerasi dalla parte dei Tories, come ha indirettamente ammesso lo stesso leader Lib-Dem, e il partito di Cameron è quello che non ha alcuna intenzione di concedere la riforma elettorale che per la terza forza è l’unica garanzia di poter contare di più in futuro. Clegg ha concesso che i Tories hanno il diritto a "provare di essere capaci di governare nell’interesse nazionale", una formula che sembra escludere a priori la possibilità di una mano tesa a Brown ma è però ambigua: se l’interesse nazionale dovesse passare dalla riforma del sistema elettorale - ancora una volta definito "inadeguato" - l’asse Lib-Lab potrebbe tornare un’ipotesi allettante, anche se non sufficiente da sola per garantire la governabilità.

Il ruolo dei partiti minori Anche i piccoli partiti potranno giocare un ruolo importante per le sorti del nuovo governo. Gioiscono i Verdi che per la prima volta portano a Westminster un loro eletto; tra i nordirlandesi gli unionisti del Dup guadagnano 8 seggi - perdendo però clamorosamente il seggio del loro leader, Peter Robinson - mentre lo Sinn Fein elegge quattro rappresentanti; sei deputati anche per il partito nazionalista scozzese mentre rimangono fuori gli xenofobi Bnp e Ukip (quest’ultimo con oltre 800mila voti).

Non contando lo Sinn Fein - i cui deputati sono soliti rifiutarsi di giurare fedeltà alla Corona - solo il Dup è sicuramente disponibile ad un’alleanza con i Tories, mentre le altre formazioni sono di preferenza schierate più a sinistra.

 

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