Da Lincoln a Faulkner, il Sud che ha fatto storia

Di libri sulla storia americana e, in particolare, sulle travagliate vicende del Sud ne sono stati scritti parecchi. Non capita, però, tutti i giorni d’imbattersi in un saggio sul ruolo esercitato dal Sud nella storia statunitense che sia al tempo stesso serio e adatto a un pubblico non accademico. Se poi il saggio in questione è stato scritto da un italiano e, per giunta, da un comandante partigiano, i motivi di interesse crescono.
Raimondo Luraghi dopo la guerra, si dedicò anima e corpo allo studio della storia degli Stati Uniti, di cui divenne ordinario. La Spada e le Magnolie - Il Sud nella storia degli Stati Uniti (Donzelli Editore, pagg. 227, euro 29) è scritto con la passione di un ragazzino e la profonda conoscenza di chi in America ci è stato molte volte, finendo per ricevere prestigiosi riconoscimenti e convocazioni da atenei illustri. Alla base di questo saggio c’è un grande amore per il Sud, troppo spesso bistrattato dalla storia dei vincitori. Senza negare l’infamia dello schiavismo e della segregazione e senza sminuire il peso di una certa ingenuità storica del Sud, Luraghi ricostruisce, grazie a ipotesi talvolta coraggiose, quelle che sono le radici di certi tratti ancor oggi visibili del vivere sudista. Per un ex-partigiano, ex-redattore dell’edizione piemontese de L’Unità, dunque uomo di sinistra, non deve essere stato semplicissimo convivere con certe scelte statunitensi e con un certo antiamericanismo. «Penso che la guerra in Irak sia stata un grosso errore», ci dice. «La lotta contro il terrorismo si conduce in altro modo (con il controterrorismo). Fare una guerra è come sparare un cannone per ammazzare una mosca. Ciò detto, durante la guerra partigiana abbiamo sempre ammirato l’America, sia per il suo antifascismo sia per la sua vita democratica. Un vero antifascista non poteva che essere - e non può che essere - filoamericano». Ha le idee chiare, Luraghi. Lo si capisce da come analizza le contraddizioni che da sempre fanno del Sud un mondo a sé, rappresentandone una fastidiosa zavorra storica ma anche un patrimonio culturale da preservare. C’è tanta storia e tanto folklore in questo libro. Ci sono il carisma militare del Generale Lee e la lungimiranza politica del Presidente Lincoln, la grande cultura del Sud, con personaggi del calibro di Tennessee Williams e William Faulkner, il paternalismo dei ricchi bianchi del Sud, l’amore per la classicità, la forza dei sentimenti, una certa ipocrisia del Nord nei confronti della questione razziale che, tutto sommato, sembrerebbe oggi abbia fatto più passi avanti al Sud che al Nord. C’è molto di più. Soprattutto, c’è un grande amore per un grande Paese. «Sono un po’ un homme d’autrefois», dice ancora Luraghi.

«Negli Usa sono stato accolto con grande cordialità: nelle Università americane conta il livello scientifico, non le raccomandazioni. Del resto io ho un figlio che è professore ordinario di materie classiche a Harvard e che ci si trova benissimo».

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