Cesare Cunaccia
«Non faccio politica con i vestiti, semplicemente ho voluto guardare all'America come alla vera Terra delle Opportunità, un aspetto di questo Paese che seguita ad essere forse il più significativo e fondamentale. È Il sogno, o meglio i tanti sogni che riescono a diventare realtà, che disegnano un mosaico forte ed emozionante. Perfino il dolore, la speranza e la fatica qui si trasformano in bellezza. Comunque, bisogna sempre testimoniare e lottare per quello in cui si crede», ha detto Pierpaolo Piccioli, Direttore Creativo della Maison Valentino, al suo debutto in solitaria un paio di giorni sulle passerelle di New York. La pre-collezione dell'autunno 2017 è stata presentata al «The Beeckman Hotel», una specie di castello incantato tra «Queen Anne» e neo-gotico, Downtown Manhattani. Gli emigranti che dall'Europa e dall'Asia arrivavano a Ellis Island, la porta degli Stati Uniti, aspirando a una nuova vita, vedevano già dai piroscafi questo grattacielo turrito costruito nel 1881 con una copertura in vetro a piramide che cattura a cascata la luce nel cavedio. Come una spettacolare voragine sviluppata su nove piani con ballatoio. «Era da un po' che pensavo a New York- confida molto rilassato il designer in backstage-. È un luogo che sento molto mio. La PreFall nasce come un progetto più intimo, più tecnico e da giorno rispetto a quanto facciamo a Parigi. È un gioco di identità frammentate e di appartenenze che si miscelano, che raccontano una storia corale e autonoma, che instaurano una dinamica protesa sul futuro».
Ottimismo e romanticismo, tanti temi floreali e una generale idea di leggerezza, del tutto inedita per la stagione invernale. La memoria che si scompone e fluttua in textures di broccato sapientemente consunto. Ricami a microscopiche perline che appena affiorano aprendo un plissé o intrecciano ranghi di liquida mobilità, pavé di paillettes lillipuziane di un sontuoso rosso cinabro per l'abito lungo dagli orli impetuosi e danzanti. Le pellicce sono lievi e fiabesche textures di trame e colori double face, i cappotti impalpabili e quasi svuotati, oppure cosparsi di concrezioni di fiori in aggetto ton sul ton. Due le silhouette principali: lo chemisier dalla geometria circolare in crêpe e i paletot di slancio molto verticale, ogivale come questo albergo suggestivo e vagamente misterioso, rinato dopo un lungo abbandono nel 2012. Il giaccone da marinaio in panno rigido blu notte è impreziosito da una simbologia che di nuovo afferma un senso di appartenenza, un messaggio di riconoscibilità tribale. «Un piccolo gioiello- aggiunge Pierpaolo-, sono questi pattern a fiori su tre livelli, stampati in diversi modi. Mi ricordano quei campioni di carta da parati che un tempo venivano riciclati più volte, che ordivano strati sovrapposti, con un senso di profondità, di evocazione e di smottamento». Nel partecipato racconto di Piccioli ricorrono due parole, resilienza e modestia, una virtù ritrovata. Una sfilata che è un po' C'era una volta in America e che si declina in un'atmosfera atemporale e sospesa. Il moodboard accosta le divine del jazz, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, la sofisticata disperazione di Billie Holiday, Harlem, l'ambiente letterario e bohemian di «The Genius» e il mitico Cotton Club dei 30. Poi Gershwin, Carl Sandburg e il tocco trasparente della chitarra di Charlie Byrd che dialogano con Edward Steichen, grazie a una costellazione di immagini fotografiche della mostra «The Family of Man», pensata dal fotografo lussemburghese naturalizzato americano nel 1955.
Quando lo show inizia è subito magia, la voce struggente di Nina Simone si confonde con la matematica musicale free jazz di John Coltrane. «Se non ti piace qualcosa, cambialo- scriveva la poetessa e performer afroamericana Maya Angelou-. Se non puoi cambiarlo, cambia il tuo approccio». A pensarci bene aveva proprio ragione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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