L'integrazione secondo Hannah Arendt

Torna in libreria «Il futuro alle spalle», cinque saggi della filosofa e storica ebrea che esamina la figura del paria e dello schlemihl nell'opera di Brecht, Heine, Chaplin, Kafka e Walter Benjamin

L'integrazione, raggiunta o mancata. L'ingresso nella comunità sociale. L'ingresso come entrare a farne parte. Divenirne un componente. Assumerne titoli. Diritti. Doveri. Prerogative. E, se del caso, privilegi. Ma quelli, i privilegi, si trovano raramente. Troppo raramente. Anche per un paria. Ed è proprio il problema dell'integrazione il filo conduttore del volume di Hannah Arendt «Il futuro alle spalle» (Il Mulino, pp. 180, 12 euro) che torna in libreria dopo qualche anno dall'ultima edizione. Cinque saggi dedicati a Heine, Brecht, Kafka, Benjamin e Chaplin che nelle loro opere (cinematografiche, letterarie, teatrali e filosofiche) ebbero modo di affrontare il tema dell'integrazione. Paria o Schlemihl. Emarginato o integrato.
Ed ecco lo schlemihl al quale Heine fa vestire i panni del principe del mondo di sogno, colui che volta le spalle all'universo che non lo vuole per rintanarsi e godere della poesia e dell'arte. Una situazione che si riflette nei paria, che preferiscono rimanere esclusi e marginali - in una parola indipendenti - piuttosto che sottomettersi, assimilarsi perdendo così ogni forma di autonomia. Un esempio su tutti, «Il sospettato», un saggio centrato su Chaplin e sulla sua rappresentazione dell'ebreo soprattutto nei fotogrammi del «Grande dittatore». Il piccolo uomo si muove in un mondo grottesco ma reale, nel quale attende sempre la misericordiosa benevolenza di un piccolo come lui. O la comprensione di una forma di autorità. Lo stesso Chaplin che aveva rappresentato la paura ebraica davanti al poliziotto che incarna l'ambiente ostile.
Innocente come lo schlemihl di Heine, il pover'uomo di Chaplin è un apolide. Con l'unica legge di tener fede alle proprie usanze. Alle proprie abitudini. Ma soprattutto alla propria cultura. Quella del signor K che nel «Castello» non riesce a raggiungere conquiste elementari. La casa. Un lavoro. Una famiglia. Fallirà, ma non si ritirerà nel mondo di sogno prospettato da Heine. E' proprio il ritirarsi in un mondo costruito su misura su se stesso il peccato e il problema del paria.

Alla ricerca di una libertà interiore che risulta più illusoria che altro. Ma ritirarsi in un mondo di sogno ha pur sempre la sua piccola ricompensa, la possibilità di creare le parole poetiche più belle. Perché è dai margini, fuori da vincoli e ruoli, che la poesia e l'arte sono più pure.

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