Bologna, il complesso delle 7 chiese

Preghiere, riti e suggestioni del complesso delle 7 chiese a Bologna: il luogo in cui si è cercato di ricreare il Santo Sepolcro di Gerusalemme

Bologna, il complesso delle 7 chiese

Nel centro di Bologna ci sono moltissimi beni culturali da ammirare. La Dotta è un vero coacervo di storia, con le sue architetture suggestive che raccontano vicende realmente accadute, leggende e usanze. Alcune di queste sono strettamente religiose e sono legate a un’affascinante complesso architettonico di tipo religioso, quello di Santo Stefano, detto anche il “complesso delle 7 chiese”.

Che cos’è il complesso di Santo Stefano

Si tratta letteralmente di un complesso di 7 chiese legate l’una all’altra da spazi all’aperto, tra cui un chiostro e un cortile, dedicato a Santo Stefano, primo martire della Chiesa Cattolica. Le singole chiese sono invece dedicate al Crocefisso, al Sepolcro, ai Santi Vitale e Agricola, alla Trinità e, a esse, si aggiungono il chiostro, la cripta e la cappella della Benda. In quest’ultima è conservato un pezzo di tela, con il quale - secondo la vulgata della Chiesa - la Madonna avrebbe asciugato il volto di Gesù durante la passione.

L’idea alla base delle 7 chiese era ricreare un ambiente, interno ed esterno, che riuscisse a rappresentare i luoghi più importanti del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Tanto che esiste, ad esempio, il cortile di Pilato: qui troviamo molti elementi a forte impatto simbolico, dalla vasca calcarea che rappresenta il catino in cui Ponzio Pilato si lavò le mani dopo aver condannato a morte Gesù, fino a una statua in pietra di un gallo, il cosiddetto “gallo di san Pietro”, in riferimento all’apostolo che rinnegò Cristo prima di udire il gallo cantare tre volte.

Complesso di Santo Stefano

L’ideazione del complesso delle 7 chiese venne, secondo la tradizione, da san Petronio, protettore di Bologna e, durante la prima metà del IV secolo presule della città. La costruzione della prima chiesa iniziò poco dopo la morte del santo, nel V secolo, ma nel tempo il complesso dovette subire diverse ricostruzioni e restauri.

Tra le tante opere d’arte, come dipinti e statue all’interno delle chiese, ci sono dettagli molto interessanti che continuano a riguardare il simbolismo relativo alla Passione e alla Morte di Gesù Cristo. Nella chiesa del Santo Sepolcro, per esempio, c’è un pezzo di pietra del vero Santo Sepolcro, quello di Gerusalemme, e oltre alle colonne che sorreggono le volte, ce n’è una in marmo nero fuori allineamento: è la colonna della Flagellazione, la cui visita tra l’altro permette di guadagnare 200 anni di indulgenza come riporta un’iscrizione posta su essa.

Le usanze religiose legate al culto

Le usanze più caratteristiche sono sicuramente legate proprio alla basilica del Sepolcro, la cui porta viene aperta solo da Pasqua per tutta la settimana successiva, dopo che si è tenuta la messa con i Cavalieri del Santo Sepolcro. Secondo la tradizione, le persone strisciavano all’interno per pregare le reliquie di san Petronio, che tuttavia intorno al 2000 furono traslate nella chiesa bolognese dedicata al santo. Ma ci sono dei riti speciali che riguardavano future madri e lavoratrici peripatetiche.

Le donne incinte infatti, nel giorno di Pasqua, giravano intorno al Santo Sepolcro per 33 volte, fermandosi ogni volta a pregare: le 33 volte rappresentano gli anni di Cristo. Successivamente si recavano nella chiesa della Trinità per pregare davanti all’affresco della Madonna Incinta.

Le meretrici, nello stesso giorno, rivolgevano la loro preghiera - da sempre e per sempre segreta - a Maria Maddalena. Un tempo la cultura popolare riteneva Maddalena stessa un'adultera, ma la critica contemporanea riconosce in lei non solo di essere stata una discepola di Cristo, ma anche la protagonista di una vicenda e di una parabola.

Nel vangelo di Giovanni si parla infatti di un’adultera che sta per essere lapidata e, secondo i critici, sarebbe proprio Maria di Magdala. Analogamente, la sua immagine è assimilabile, nel vangelo di Luca, al personaggio della parabola della buona samaritana - perché le samaritane risentivano spesso di pregiudizi legati alla loro vita.

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