C’è un luogo in provincia di Lecce, in cui si parla un dialetto affine al greco. Questo luogo si chiama Grecìa salentina, comprende diversi comuni e raccoglie un’eredità culturale profonda, non solo in termini di lingua, ma anche di tradizioni, di canti popolari e di enogastronomia. Uno dei piatti più interessanti di questo retaggio è l’insalata grika, affine all’insalata greca ma con ingredienti autoctoni. Uno dei comuni della zona, Martignano, le dedica una sagra in estate.
L’eredità ellenistica nella Grecìa salentina è un patrimonio culturale da tutelare. Da Calimera - che significa letteralmente “buongiorno” - a Melpignano, passando per Corigliano d’Otranto, Martano e altri borghi griki della zona, esistono diverse testimonianze su come la cultura greca abbia avuto un forte impatto e un’influenza millenaria sul territorio.
Si ritene che nell’VIII secolo ci sia stata un’ampia immigrazione di greci in questi paesi, seguiti in una diffusione in tutta la provincia, di rituali di culto greco-ortodosso. Di quest’eredità religiosa restano poche chiese a pianta quadrata ed elementi architettonici basiliani. Alcuni edifici di culto furono infatti demoliti durante il passaggio al rito latino, e su essi sono state ricostruite chiese tardo-romaniche o barocche.
Che cos’è l’insalata grika
Si tratta di un piatto crudo e vegetariano. L’insalata grika è una commistione di sapori in cui ortaggi, formaggio, olio e spezie vengono mescolati tra loro e lasciati riposare, in modo che si insaporiscano.
Gli ingredienti dell’insalata grika non hanno dosi raccomandate, ma consistono solo in un lungo elenco, che consta di pomodori, meloncelle, rucola, cacio ricotta o primo sale, peperoni, origano, olive nere, capperi, cipolla, olio extravergine d’oliva. Sembrano ingredienti piuttosto comuni, eppure è quasi impossibile realizzare questa ricetta se non si è in loco: la si può fare simile ma mai uguale a quella tradizionale.
Un problema è infatti legato al reperimento degli ingredienti, a partire dalle meloncelle. Quelle che si usano nell’insalata grika sono infatti provenienti da due varietà tipiche della provincia di Lecce chiamate rispettivamente pupaneddhe o meluncedda (in base al dialetto di riferimento) o cummarazzi. Le prime sono un po’ più dolci e piccole rispetto alle meloncelle diffuse in tutto il Paese, mentre i secondi sono meno dolci, più vicini, esteticamente, alle zucchine o alle zucche verdi ma con gli stessi semini e il profumo delle meloncelle.
C’è poi il nodo della rucola, che deve essere selvatica, magari raccolta in riva al mare, poco prima di una spiaggia, laddove il terreno inizia a fondersi con i primi scogli della costa. E l’origano, che da sempre le nonne salentine, lasciano seccare in attesa dell’inverno, appeso alle pareti quasi fosse un’opera d’arte.
Le differenze con l’insalata greca
Le differenze tra insalata grika e insalata greca sono tutte negli ingredienti, dato che la filosofia alla base di questi piatti è la stessa. Si tratta infatti di piatti poveri, realizzati con cibi di facile reperibilità nel loro luogo d’origine - e, nel secolo scorso, per i raccoglitori e le raccoglitrici di tabacco di Martignano, ad esempio, l’insalata grika rappresentava la cena estiva, fresca, da assaporare dopo una lunga giornata di fatiche, “te sule a sule”, ossia dall’alba al tramonto.
Gli elementi differenti dell’insalata greca sono fondamentalmente il formaggio - in Grecia si usa la feta - e il cetriolo, utilizzato al posto della meloncella. In alcune regioni elleniche, inoltre, non si usano i peperoni.
E mentre si mangia l’insalata grika, sembra quasi di sentirlo in lontananza il ritmo del sirtaki - l’isola di Corfù dista dalla provincia di Lecce poco più di 200 chilometri in linea d’aria - ma in realtà non sono canti greci quelli che pare di ascoltare, ma canti griki che nelle sere d’estate augurano la “buona notte” con danze frenetiche.
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