Le maschere di Seminara sono allegre, coloratissime e perpetuano la bellezza di un artigianato antico. Eppure non sono semplicemente delle suppellettili da ammirare. Nascondono infatti radici storiche e culturali ataviche, che vanno al di là della suggestione che i manufatti suggeriscono, una suggestione che affascinò perfino l’artista Pablo Picasso.
Che cosa sono le maschere di Seminara
Si tratta di manufatti in ceramica, successivamente dipinti o smaltati con colori spesso a contrasto, originariamente sulla falsariga delle maschere del teatro greco. D'altronde Seminara si trova in un luogo della Calabria impregnato di un superstrato di cultura ellenica, dato che è una zona della Magna Grecia. Per via dei loro colori, le maschere spiccano infatti sui muri interni o esterni delle case, sui quali vengono poste.
Nel 1746 a Seminara, borgo posto tra pianura e montagne in provincia di Reggio Calabria, erano presenti 23 pignatari, ossia artigiani della ceramica, come in effetti risulta dal catasto onciario del tempo. I pignatari vengono chiamati così perché realizzavano non solo ceramiche a scopo ornamentale, ma soprattutto “pignati” - ossia pignatte - particolari pentole in ceramica adatte soprattutto alle cotture in umido, come zuppe. Il numero di pignatari è cresciuto nel tempo, a testimoniare che questa forma di artigianato è rimasta viva: l’arte resiste alle lusinghe del progresso e certe tradizioni popolari, anche se perdono il significato originario, rimangono presenti per il loro fascino.
Le tipologie e la funzione delle maschere di Seminara
La forma più nota e più diffusa di queste maschere è sicuramente quella che ritrae le fattezze di un demone, per lo più ispirato ai miti di Medusa e delle Gorgoni. Le maschere “demoniache” avevano una chiara funzione apotropaica e quindi scaramantica: incassate nei muri delle nuove abitazioni, servivano infatti a tenere lontane invidie e gelosie da parte delle persone malvagie. Le fattezze delle maschere “demoniache” sono infatti spaventose perché si riteneva che solo una figura dall’aspetto molto cattivo potesse scacciare il male.
I babbaluti
L’altra forma molto diffusa è invece quella dei babbaluti, ossia delle bottiglie che richiamano i volti dei soldati borbonici, cui vengono mescolati elementi della mitologia greca, come Dioniso e i satiri. Anche questi manufatti hanno funzione per lo più apotropaica, ma in senso positivo: non servono a scacciare il male, ma a essere di buon augurio.
Dalle bottiglie ad “anello” ai guerrieri greci
Altre ceramiche di Seminara ritraggono i temi più disparati, in questo caso con funzione per lo più tradizionale e ornamentale. Si va da bottiglie a forma di “anello” che simboleggiano l’alvo femminile - si tratta di una simbologia che risale alla letteratura medievale - in quanto fonte erotica ma anche materna, ma anche quelle a forma di riccio o di antichi lumi.
Spesso queste bottiglie, oltre ad avere funzione ornamentale, sono usate come borracce per via delle capacità della ceramica di mantenere fresca la temperatura dei liquidi.Non mancano neppure temi relativi alla cristianità, come il pesce, che possono avere una funzione votiva, e maschere che ritraggono guerrieri greci con una tipica fronte corrucciata.
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