Milano, le case "magiche" del Quartiere Maggiolina

Le suggestioni degli edifici nel Quartiere Maggiolina di Milano: le case igloo, le case fungo, Villa Figini e il Villaggio dei Giornalisti

Milano, le case "magiche" del Quartiere Maggiolina

A Milano gli angoli “magici” non mancano. Nella città scenario di tanti romanzi e racconti misteriosi, è spesso l’architettura a fornire la narrazione più intensa e completa di un luogo in perenne cambiamento, in cui la storia è fondata su una profonda cultura del bello.

Uno di questi angoli magici è il Quartiere Maggiolina, un luogo che ha vissuto molte trasformazioni e che ancora oggi ospita abitazioni suggestive. Palazzi che raccontano a loro volta una storia.

Le case igloo e le case fungo

Casa igloo Maggiolina

Nell’immediato dopoguerra, l’architetto Mario Cavallè ebbe un’intuizione: realizzare delle abitazioni indipendenti e monofamiliari, popolari, con un basso metraggio ma funzionali e versatili. E "magiche". Nacquero così nel 1946 le case igloo e le case fungo: lo scopo era dare ospitalità alle famiglie dei soldati, le cui dimore erano state distrutte nei bombardamenti.

Le case igloo - realizzate in 12 unità delle quali oggi ne sopravvivono solo 8 - richiamavano ovviamente la forma di un igloo, con una volta a cupola realizzata secondo una tecnica statunitense dell’epoca. Possedevano due piani: un pianterreno con bagno, cucina e due camere, e un seminterrato con accesso esterno, con funzione di cantina o sgabuzzino sotterraneo. Le case igloo non hanno muri portanti, con l’eccezione delle pareti esterne: in questo modo i residenti hanno potuto dare forma alla propria abitazione nella maniera che era per loro più funzionale.

Diverso il discorso per le case fungo, sempre progettate da Cavallè, ma realizzate solo in due esemplari, demoliti nel 1965 e soppiantate da un altro edificio. Di quelle case resta un ricordo sbiadito, come le foto d’epoca in bianco e nero di cui si trova rara traccia sul Web. Sostanzialmente replicavano la falsariga delle case igloo, ma avevano la forma di un’amanita muscaria: il fungo velenoso con il cappello rosso punteggiato di bianco. Erano articolate su tre piani, di cui uno sempre seminterrato più due abitabili: uno più piccolo al pianterreno, uno più ampio nel cappello.

La casa palafitta

Villa Figini

In piena epoca fascista, nel periodo-culla dell’architettura razionalista, sorse invece l’abitazione nota come casa palafitta, ovvero Villa Figini, residenza dell’architetto che la progettò: Luigi Figini.

Ispirata a Villa Savoye di Le Corbusier, Villa Figini ha successivamente fatto scuola, poiché replicata nella sua struttura a macchia di leopardo in tutta Italia nelle zone residenziali e condominiali di periferia. Con gli stessi esiti funzionali, ma non con gli stessi esiti artistici naturalmente.

Non esiste piano terra a Villa Figini, dove il terreno è coltivato a giardino. La casa, di dimensioni inferiori a 100 metri quadri, è posta al centro di questo giardino e sostenuta da 12 pilastri in calcestruzzo armato interni rispetto al perimetro esterno dell’abitazione. L’illuminazione è invece garantita da grandi finestroni orizzontali. Sul terrazzo ci sono anche una piscina e un solarium.

Il Villaggio dei Giornalisti

Villaggio dei Giornalisti

Ai confini del Quartiere Maggiolina, si trova il Villaggio dei Giornalisti, così chiamato perché ospita dal 1911 la residenza di molti giornalisti. In quell’anno accadde infatti che Mario Cerati, un redattore de Il Secolo, scrisse un editoriale che ebbe grande eco: l’articolo sottolineava come le iniziative edilizie dell’epoca si rivolgessero perlopiù alle case popolari e quindi alla classe operaie, ma ancora mancava qualcosa che si rivolgesse alla borghesia in ascesa, come quella formata dai pubblicisti.

Da allora sorsero nella zona, progettata da Evaristo

Stefini, molti edifici particolari, eleganti o bizzarri, che hanno ospitato firme più o meno conosciute, più o meno prestigiose, del giornalismo italiano.

La foto del Villaggio dei Giornalisti è di Angaroni via Wikipedia

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