Orgosolo, con i suoi oltre 4.000 abitanti, non è solo un piccolo comune dell’entroterra sardo, ma è una vera e propria tela pittorica illuminata dal caldo del sole. Simbolo di resistenza e di tenacia, ben rappresenta l’animo della popolazione locale, in apparenza così ruvida e invalicabile come la stessa Barbagia. Ma in grado di aprire il suo cuore mostrando una bellezza pura, diretta e incontaminata, come lo stesso mare che brilla da lontano.
La storia di Orgosolo e dei suoi murales caratterizza da secoli quest’area della Sardegna, meta di turismo culturale e di curiosi. In grado di accogliere appassionati di escursionismo e di prodotti locali, una terra che ancora oggi preserva la sua naturale magia. Un vero e proprio gioiello della Sardegna più vera.
Orgosolo, origini e storia
Questo piccolo centro abitato nel cuore della Barbagia Ollolai vanta una storia antica, fatta di contaminazioni e resistenza. Al pari della necessità di preservare il proprio territorio e le tradizioni più antiche, tanto da contrastare con tenacia tutte le popolazioni che nei secoli hanno cercato di imporre la loro cultura, espropriando terreni e abitazioni. Ma la bellezza di Orgosolo risiede nella forza degli abitanti che, nei secoli, si sono passati virtualmente le chiavi della città, coesi e compatti tanto da impedire ai conquistatori di stravolgere il territorio.
Un luogo antico che sin dagli esordi ha posto la natura e il suo rispetto al centro di ogni scelta: i primi insediamenti risalgono infatti alla preistoria, passando per la resistenza contro le conquiste dei Romani e dei Cartaginesi. Le prime sembianze di centro abitato risalgono al periodo della presenza degli Aragonesi, che portarono ai primi atti di resistenza contro i dominatori e alle prime azioni di banditismo. Un comportamento che nei secoli è diventato simbolo inequivocabile delle zone interne e più impervie della Sardegna. Un luogo invalicabile e per questo intatto, legato ai valori e alle tradizioni più pure.
Disamistade, il bandistismo sardo
Il banditismo si amplifica proprio all’inizio del 1900 attraverso vere e proprie faide tra famiglie: è noto come Disamistade, che significa inimicizia. Circa un decennio di lotte tra due nuclei familiari, che si trovarono contrapposti per questioni di territorio, portò a molti morti e finì in un processo con assoluzione per tutti. Una scelta utile a riportare la pace sul territorio, anche se il fenomeno del banditismo ha origini più antiche e vede la nascita di battaglie feroci contro i conquistatori, oppure tra le forze dell’ordine e i latitanti dell’epoca. Tra i più noti il bandito Virdis, i fratelli Serra Sanna e Graziano Mesina, noto come Grazzianeddu: la primula del Supramonte.
Quest’ultimo è stato al centro di una vera e propria caccia all’uomo, che portò a innumerevoli arresti, anni e anni di detenzione e svariate evasioni. Nel 2004, ricevendo la grazia dall’allora Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, fece ritorno a Orgosolo, dove si propose anche come guida turistica. Fu un momento davvero caldo per la zona, seguito da un altro ancora più intenso, ovvero quello dei rapimenti e dei sequestri di persona. Personaggi facoltosi, imprenditori spesso nascosti all’interno del territorio ostico della stessa Barbagia.
Tra allevamenti e pascoli di capre e pecore, grotte, anfratti e reperti archeologici a cielo aperto, anche il cantautore Fabrizio De André fu vittima di un lungo rapimento con la moglie Dori Ghezzi nella zona del sassarese, che ispirò la bellissima canzone Hotel Supramonte.
I murales, vero simbolo di resistenza
I veri protagonisti di Orgosolo sono i murales, dipinti a cielo aperto che da secoli colorano e caratterizzato le abitazioni del posto, estendendosi anche su rocce e pareti naturali. Compresi i due grossi massi che idealmente rappresentano l’ingresso del paese, come una porta in grado di accogliere chi vi bussa.
Non una semplice espressione decorativa ma da sempre una netta forma di comunicazione, che ben rappresenta il carattere forte e orgoglioso degli abitanti del posto. Una sorta di giornale pittorico caratterizzato da ben 350 murales, dove vengono ritratte le storie del popolo sardo, le lotte e le battaglie per proteggere questo territorio ruvido ma così puro.
Narrazioni che si perdono nel tempo per via degli agenti atmosferici e dell’utilizzo di pitture all’acqua: i più importanti vengono rinnovati di anno in anno, mentre gli altri sono affidati alla memoria di chi ha avuto l’onore di ammirarli. Tramandati di generazione in generazione, corredati da storie e aneddoti. Come gli stessi dipinti che inneggiavano al bandito Grazianeddu e alle vicende del banditismo, ma oggi i murales hanno cambiato traiettoria, seguendo le tematiche del momento come quelle più recenti legate all’ambiente, all’economia e alla salute.
La rivolta di Pratobello, il primo murales
Il primissimo murales ha preso vita nel 1969, come conseguenza di una delle azioni di protesta più note, conosciuta come la rivolta di Pratobello. Nacque il 27 maggio dello stesso anno e fu creato da Dioniso, un collettivo di anarchici. In quel giorno gli abitanti del luogo trovarono affisso su un muro un avviso che intimava loro di traslocare tutto il bestiame dei pastori locali. L’area sarebbe stata adibita a poligono di tiro per i due mesi successivi, un luogo di addestramento per l’Esercito italiano. Ma contrari all’imposizione, il 19 giugno ben 3.500 abitanti di Orgosolo decisero di occupare tutte le aree per il pascolo, rimanendo fermi sul posto per giorni e giorni. Una protesta silenziosa, tenace, senza armi e violenze, ma che spinse l’Esercito al ritiro definitivo.
Da quel momento i murales sono diventati la forma di comunicazione più utilizzata dagli abitanti di Orgosolo, che ne hanno fatto una forma di rivendicazione della loro tenacia. Ancora oggi si possono ammirare meravigliosi dipinti dedicati a Pratobello, ma anche a figure storiche ed eventi fondamentali.
Tra questi Antonio Gramsci, Giuseppe Garibaldi, la Seconda Guerra Mondiale, la vita politica, le stragi di Stato, ma anche dipinti di denuncia delle precarie condizioni di vita, la povertà, l’indigenza, il lavoro in miniera. Oltre alle scene quotidiane del popolo locale, delle tradizioni sarde, delle lotte della popolazione di questa regione così magic e testarda, anche se in apparenza inaccessibile ma ospitale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.