Mistero, sangue e una montagna dalle sembianze decisamente peculiari sono le tre chiavi attorno a cui ruota la storia del borgo di Pentedattilo. Un luogo avvolto nella leggenda, ma che secondo alcuni racconti sarebbe anche gravato di una terribile maledizione.
La storia di Pentedattilo comincia nel 640 a.C., anno della sua fondazione. Da allora e per diverso tempo prosperò, andando poi incontro a lotte di potere e persino diversi terremoti. Costruita a 250 metri s.l.m., la città poggia sul palmo di quella che da alcune leggende è stata definita "la mano del diavolo". Si tratta di una particolarissima formazione rocciosa, da cui deriva il nome Pentedattilo: dal greco "penta" (cinque) e "daktylos" (dita).
La strage degli Alberti
Fu durante il periodo di Pasqua del 1686 che si consumò l'episodio che consegnò Pentedattilo alla storia quale teatro della "Strage degli Alberti". A innescare la tragedia pare fu il matrimonio combintato dal marchese Lorenzo Alberti tra sua sorella Antonia e Petrillo Córtes (figlio di uno dei consiglieri del Viceré di Napoli).
Pare che l'arrivo di questo annuncio alle orecchie del barone Bernardino Abenavoli, innamorato segretamente della giovane, che perse la ragione e ordì una sanguinosa vendetta. La notte del 16 aprile 1686 il barone e alcuni banditi si introdussero, complice il tradimento di uno dei servitori del marchese, nel Castello di Pontedattilo. Tolsero la vita a chiunque capitasse a tiro, in particolar modo i membri della famiglia Alberti: vennero uccisi Lorenzo, i fratelli Anna e Simone, oltre alla loro madre Maddalena.
Vennero rapiti la marchesina Antonia, costretta a sposare Abenavoli, e il suo promesso sposo, allo scopo di trattenerlo come ostaggio ed evitare ritorsioni da parte del Viceré di Napoli. Tentativo rivelatosi infruttuoso, tanto che l'esercito del Viceré attaccò il palazzo del barone e liberò l'ostaggio. Vennero inoltre catturati i banditi responsabili dell'attacco e le loro teste vennero appese alle torri del castello di Pentedattilo.
Per il dolore derivante da tali eventi la marchesina Antonia Alberti si rifugiò nel convento di clausura di Reggio Calabria, dove morì alcuni anni dopo. Il barone Abenavoli riuscì a fuggire e riparare a Malta. Da lì entrò nell'esercito austriaco e trovò la morte sul campo di battaglia nel 1692.
La mano insanguinata
Si narra inoltre che dopo essere stato colpito Lorenzo Alberti si trascinò per alcuni metri, lasciando l'importanta della sua mano insanguinata su una parete. Tale testimonianza della Strage degli Alberti risulterebbe ancora visibile al tramonto, quando la mano del diavolo è illuminata di rosso dagli ultimi raggi di sole della giornata.
Un'ulteriore leggenda vuole che nelle sere d'inverno, quando il vento ulula tra le pareti di roccia di Pentedattilo, le voci e le grida degli uccisi si levino ancora disperate tra le vie del borgo.
La maledizione della mano del diavolo
Sul borgo di Pentedattilo sembra penda anche una terribile maledizione, che avrebbe avuto origine proprio in quel 16 aprile del 1686. Si racconta che la mano del diavolo porrà fine prima o poi alla città, stringendo il suo pugno attorno alle sue case fino a che l'ultimo muro non sarà crollato.
La rinascita di Pentedattilo
Il borgo è stato a lungo abbandonato in virtù di un obbligo imposto ai residenti, motivato dalla violenta attività sismica occorsa nel 1783 e nel 1908. Terremoti che costarono alla mano del diavolo alcune "dita", provocando in pratica il crollo di parte delle cime che componevano la formazione rocciosa originale. Al tramonto è tuttavia ancora possibile intravedere la mano così com'era, grazie anche al rosso che illumina la pietra.
Malgrado le difficili premesse il borgo ha iniziato negli ultimi anni un lento percorso di rinascita. Alcuni artigiani hanno riaperto le antiche botteghe, ed è attivo anche un ristorante.
Diversi anche gli eventi estivi come il festival itinerante "Paleariza" e il "Pentedattilo Film Festival", rassegna internazionale dedicata ai cortometraggi.Immagini di GJo - Wikimedia (immagine di copertina, foto 1 e foto 2)
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