Venezia è un luogo magico. È una città che emerge dalle acque, con un fascino unico in quanto a storia, arte, letteratura. Tutti e tre elementi tangibili, facili da riconoscere. Ma c’è anche un lato di Venezia più nascosto, misterioso. È quello delle tantissime leggende che affollano le calli e i sestrieri della città, passano sotto i ponti come le gondole e corrono nel vento del tempo.
Il ponte e il diavolo
Ed è una leggenda a raccontare la genesi del Ponte di Rialto, inaugurato nel 1591. Secondo questo falso mito, durante la costruzione, il Ponte di Rialto fu segnato da diversi crolli. Una notte lo scultore e progettista Antonio da Ponte decise di nascondersi in osservazione, temendo una maledizione. Gli apparve un uomo alto e intabarrato: era il Diavolo, che gli propose di pagare un prezzo molto alto per terminare la costruzione dell’opera. L’artista accettò, concedendo al Diavolo l’anima della prima persona che avrebbe oltrepassato il Ponte.
Antonio da Ponte, sempre secondo la leggenda, pensò bene di organizzare una truffa ai danni del Diavolo: il primo ad attraversare il Ponte sarebbe stato un gallo e non un essere umano. Ma il Diavolo, prevedendolo, ingannò la moglie dello scultore che, incinta e correndo dal marito che credeva in pericolo di vita, si accasciò sulla struttura appena terminata, morendo e portando con sé il feto. I fantasmi di madre e bambino, secondo le suggestioni, si aggirano sul Ponte di Rialto nelle notti di inverno.
Tuttavia questo mito sembra ispirato - ma è molto più cruento nell'epilogo - a quello del gatto di Beaugency, rivisitato da James Joyce per il nipote nel 1936. Il ponte di Beaugency, al centro di un mitico patto col Diavolo, risale infatti al XIV secolo, circa 300 anni prima della costruzione del Ponte di Rialto.
La scimmia e l’angelo
Nei pressi di piazza San Marco si trova un edificio di nome Ca’ Soranzo, chiamato anche Casa dell’Angelo. Sulla facciata infatti si trova un angioletto con un buco sopra la testa. Pare che nel XVI vi abitasse tale Iseppo Pasini, un avvocato truffaldino, che possedeva una scimmia domestica. L’animale era però il demonio sotto mentite spoglie: il diavolo non vedeva l’ora di impossessarsi dell’anima del truffatore, che tuttavia era devoto alla Madonna e recitava per lei preghiere ogni giorno.
Il frate Matteo da Bascio scoprì l’identità della scimmia un giorno a casa dell’avvocato e questa gli rivelò tutto: non poteva prendere l’anima del criminale perché protetta da Maria. Il frate scacciò quindi la scimmia ma le fece fare un buco nel muro, così da poter tornare a prendere l’anima di Pasini qualora lui si fosse dimenticato di pregare.
Poi il frate rimproverò l’avvocato e strizzò un lembo della tovaglia in sala da pranzo: ne uscì sangue e il truffatore si rese conto del male fatto. Il frate consigliò poi al reo pentito di posizionare un angelo a guardia del buco, in modo che questi proteggesse la sua casa dal ritorno del diavolo.
La peste e la pietra rossa
Nella pavimentazione del Sotoportego della Corte Nova si trova una pietra rossa che corrisponde al topos di molte leggende in giro per il mondo. Si dice che nel XVII secolo la Madonna apparve a una donna di nome Giovanna: avrebbe salvato la città dalla peste se la donna avesse dipinto un quadro con Maria e i santi Rocco, Sebastiano e Giustina. Giovanna obbedì. Ma quando il morbo lasciò Venezia anche il dipinto scomparve: in quel luogo sulla pavimentazione rimase però una macchia rossa a testimoniare che la Madonna aveva imprigionato lì la peste.
Il cuore della sirena
Un altra pietra rossa si trova invece nel Sotoportego dei Preti ed è a forma di cuore. Secondo un altro mito, un pescatore di nome Orio incontrò una sirena di nome Melusina. I due si innamorarono e decisero di sposarsi ma a una condizione dettata dalla creatura fantastica: non avrebbero dovuto vedersi nei sabati che precedevano le nozze.
Orio però, infrangendo la promessa, andò a trovarla di sabato, scoprendo che in quel giorno la sirena, colpita da un maleficio, si trasformava in un serpente: solo il matrimonio l’avrebbe potuta salvare e quindi la coppia si sposò e Melusina potè diventare una donna a tutti gli effetti.
Un giorno Melusina morì, lasciando Orio e i figli che intanto erano nati. Tuttavia, ogni volta che Orio partiva per il mare, al suo ritorno trovava la casa in ordine. Ancora una volta pieno di curiosità, tornò in anticipo in un’occasione, trovando un serpente all’interno della sua abitazione. Lo uccise, ma purtroppo scoprì che l’animale era la sua Melusina, il cui cuore è ora impresso nella roccia.
La luna e la gondola
C’è anche una leggenda che narra della nascita delle gondole, le imbarcazioni tanto tipiche di Venezia. In una romantica notte, due innamorati passeggiavano tra le calli in cerca di un posto appartato: uno spicchio di luna scese così sulla Terra a tramutarsi in una deliziosa imbarcazione d’argento che trasportò gli innamorati nei luoghi più segreti di Venezia.
La rosa di San Marco
C’è infine un’altra storia di amore infranto tra i miti di Venezia. Fu quello di Maria, figlia di un doge vissuto nel IX secolo, che si innamorò di un coetaneo di nome Tancredi: il doge però si opponeva all’amore, perché Tancredi apparteneva a un ceto sociale subalterno. Maria consigliò all’amato di andare in guerra: solo l’onore della battaglia avrebbe potuto riabilitarlo agli occhi del padre.
E Tancredi in effetti si distinse sul campo, ma un giorno venne ferito e morì mentre si trovava in un roseto: il giovane staccò una rosa intrisa del suo sangue e la fece mandare a Maria da un amico con lui in guerra.
Quando Maria ricevette la rosa morì di crepacuore: era il 25 aprile, il giorno del patrono di Venezia e da allora tutti gli innamorati regalano una rosa alle amate nel giorno dedicato appunto a San Marco.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.