Alle locande di due secoli fa: piatti tipici da Nord a Sud

Il torinese Del Cambio presenta due versioni del menù, l'antica e la nuova. A la Pesa di Milano cucinò Ho Chi Minh

Alle locande di due secoli fa: piatti tipici da Nord a Sud

Quando un'associazione raggruppa 230 insegne con almeno 70 anni di vita, non è facile sceglierne una rappresentativa. Nel caso dei Locali Storici d'Italia, per noi è Del Cambio a Torino (data di nascita: 1757!) perchè risponde in pieno allo statuto: bar e pasticcerie, caffè e hotel, ristoranti e osterie devono essere stati «protagonisti o artefici di pagine della storia d'Italia attraverso gli avvenimenti di cui sono stati sede e i personaggi che li hanno frequentati». Non tutti sono all'altezza dell'illustre passato, ma parecchi ci limitiamo al cibo meritano sempre una visita.

Scorrendo la lista (la trovate completa su localistorici.it), oltre al già citato bistellato torinese (vedi box), uno dei posti migliori è l'Osteria della Villetta di Palazzolo sull'Oglio (BS) che il Gambero Rosso premia da secoli con i Tre Gamberi: una palazzina liberty, adorata anche da Marchesi e Ducasse per il pesce di lago, la trippa, il manzo all'olio, il budino fondente e in cantina, tutto il meglio della Franciacorta. Clienti illustri (e tranquillissimi) anche Da Romano: mito di Burano laguna di Venezia dove può capitare di mangiare a fianco di De Niro o Starck che adorano il locale saor, il risotto di gò (pesciolino di laguna), il fritto misto o la grigliata del giorno. Curiosità: le pareti della sala sono ricoperti da quadri d'autore. Storia risorgimentale Luchino Visconti la usò per alcune scene del film Senso all'Antica Locanda Mincio di Borghetto (MN) che ha una serie di tavoli spettacolari lungo il fiume, dove si gusta cucina lombardo-veneta. A Trieste, basta una parola a mettere d'accordo tutti: Suban, osteria di grande cucina mitteleuropea e buoni vini, curati da sei generazioni della stessa famiglia: jota, goulasch e strudel di mele sono un percorso consigliabile per i neofiti. Sta festeggiando 115 anni di attività l'Osteria di Rubbiara, creata a Nonantola (MO) come «osteria con diritto di vitto e stallatico». Oggi è approdo sicuro di chi ama la tradizione emiliana: tortellini in brodo, maccheroni al pettine, grande pollo al Lambrusco e i piatti con l'aceto balsamico della Casa, prodotto secondo antichi metodi. Chi parla di street food come fosse la «genialata», faccia un salto a Chiavari e si sieda da Luchin: da 110 anni, si gusta una delle farinate migliori del Levante cotta rigorosamente nel forno a legna d'olivo insieme ad altri piatti della tradizione: la cima, le torte di verdura, i pansotti, le minestre del popolo. Ottima anche la Buca di Sant'Antonio a Lucca (un documento ne attesta la fondazione 235 anni fa): da locanda e stazione di posta è diventato un baluardo della cucina cittadina e toscana, dove si mangia con antiche pentole sulla testa. Il piatto cult? La zuppa di farro, recentemente se l'è gustata anche il presidente Mattarella. A Sud, c'è il mitico Filippino a Lipari, il coloratissimo locale delle Eolie, gestito dai nipoti del fondatore che nel primo Dopoguerra serviva gli esiliati dal Fascismo insieme ai gerarchi in vacanza. È il regno del pesce crudo in testa e di ricette semplici ma perfette come l'insalata di agrumi e pesce spada. E le capitali del cibo? A Roma c'è Checchino dal 1887 dove è nata la coda alla vaccinara, ad opera della bisnonna degli attuali titolari. In carta tutti i classici della cucina locale mentre la famosa cantina scavata sotto il Monte dei Cocci merita una visita. A Napoli, dal 1833, opera un monumento alla pizza quale Mattozzi: atmosfera immutabile da cantina dell'800, occupa due piani nell'antico palazzetto di piazza Carità che si apre sulla centralissima via Toledo. Chiudiamo con l'Antica Trattoria della Pesa, ormai «immersa» nella Nuova Milano: dal 1880 è una tavola immutabile per meneghini che contano e stranieri a caccia di risotto allo zafferano, costoletta e zabaione.

Curiosità: nel 1933 in cucina c'era un silenzioso ragazzo orientale, arrivato (in realtà scappato) da Parigi con un diploma della scuola di Escoffier. Immaginate la faccia di chi un trentennio dopo scoprì che era l'Ho Chi Minh, padre del futuro Vietnam. In questi posti, è passata e passa davvero la storia in sala, talvolta ai fornelli.

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