Giulio Gallera, consigliere di Forza Italia, ha votato a favore degli emendamenti e del progetto di legge sul fine vita, unico nel centrodestra. Cosa è successo?
«Gli emendamenti erano molto seri e concreti: puntavano ad aumentare il numero dei giorni consentiti per la verifica dei requisiti dei cittadini che chiedono di poter ricorrere al suicidio assistito e di informare adeguatamente i cittadini che lo richiedono recependo tutta una serie di criticità che erano state evidenziate dalla dg Welfare durante le audizioni. Si trattava di una proposta migliorativa del testo per tutelare maggiormente il cittadino nella sua scelta».
A fronte della sentenza della Corte di Cassazione...
«Sì una sentenza che peraltro è molto puntuale e pone paletti molto forti al suicidio assistito» .
Quali?
«L'irreversibilità della patologia, sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente reputa intollerabili, la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e la capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli. La sentenza dice che non commette reato chi, in quelle precise condizioni, aiuta una persona a suicidarsi. In Lombardia, dove c'è il miglior sistema di cure palliative e una rete di hospice, i cittadini godono davvero della libertà di scegliere tra diverse possibilità. Quindi se un malato ritiene di non voler usufruire delle alternative deve essere rispettata la sua volontà. Io credo fermamente in questo principio».
La maggioranza sostiene che la materia sia di competenza statale, lei che per altro è avvocato come ribatte?
«Sono divisi anche i costituzionalisti che abbiamo ascoltato nel corso delle audizioni: per quelli che sostengono che la materia sia di competenza statale ce ne sono altrettanti che sostengono che, in mancanza di una legge statale, la regione ha il dovere di normare la procedura. La sentenza della Corte costituzionale afferma di fatto un diritto. E siccome la competenza di organizzare il sistema sanitario è delle regioni, noi abbiamo il dovere e il diritto di creare questa procedura».
Non c'è una granitica certezza giuridica, ci sono interpretazioni però.
«Credo che Regione Lombardia, che è sempre stata all'avanguardia - nel 1997 Formigoni ha inventato in sanità il sistema pubblico privato, in difformità dalle legge nazionale, nel 2015 arriva la Riforma Maroni che era considerata sperimentale- ha avuto il coraggio di andare oltre, di provare a trovare strade sul filo della legge nazionale. Ora bisogna avere il coraggio di fae questa scelta politica: abbiamo avuto il coraggio di affermare la libertà di scelta in tanti campi, perchè sui diritti ci si blocca? Non solo...».
Cosa?
«La dg Welfare di fatto attua già la sentenza cioè di fronte alla richiesta di un cittadino - ne ha ricevute 10 - forma una commissione che valuta la sussistenza dei requisiti di idoneità. Peccato che manchi il pezzo in cui si dà il farmaco al cittadino che ne ha diritto, creando il paradosso per cui chi può trovare un medico che vada in Inghilterra a prendere il farmaco o un macchinario in Svizzera per aiutarlo a suicidarsi, non sarà imputabile. Ma se il cittadino non ha i soldi per pagare il medico non può suicidarsi, pur avendone diritto. È un'ulteriore discriminazione nei confronti dei fragili».
Dal punto di vista politico è stato convocato un vertice di maggioranza?
«No però il presidente Fontana aveva espresso un'apertura, Salvini aveva dato libertà di coscienza e anche il mio partito. La maggioranza però ha ritenuto di trincerarsi dietro la pregiudiziale di costituzionalità ovvero non ce ne vogliamo occupare perchè non ci compete. Anche sui diritti dobbiamo essere un'avanguardia.
Per altro si tratta di un tema in cui c'è un'attenzione enorme dei cittadini: non si capisce perchè la politica debba essere bloccata da atteggiamenti di carattere etico, morale e religioso. È grave se un rappresentante dei cittadini vuole imporre la propria visione a tutti. Noi dobbiamo creare le condizioni perchè ognuno agisca come ritiene».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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