Il presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ieri, a Capri, al tradizionale convegno annuale dei giovani imprenditori, ha detto cose che ci sono piaciute per il contenuto e per il metodo. Dirà il lettore: che succede? Nulla, è la risposta. Abbiamo criticato varie volte Montezemolo. Lo abbiamo fatto soprattutto per il metodo, che ci piaceva poco. E talvolta anche per i contenuti. Questa volta non è così.
Vediamo perché. Il leader di Confindustria ha detto, in sostanza, che occorre una riforma elettorale perché il sistema maggioritario, così comè in Italia, non funziona. Nelle coalizioni vi sono dei partiti che possono dire sempre di no senza preoccuparsi di dire perché o, addirittura, di fare proposte alternative. Montezemolo ha spiegato che agli industriali interessa che in Italia ci sia più governabilità. Sta poi al Parlamento e ai partiti decidere quali siano le forme più adeguate per risolvere il problema e raggiungere questo obiettivo. Insomma, ieri Montezemolo non ha fatto politica. O meglio, lha fatta comè giusto che la faccia il leader di unorganizzazione come Confindustria: sollevando i problemi, indicandone i punti critici e le soluzioni auspicabili ma senza prendere parte alla lotta politica.
È giusto quanto il leader degli imprenditori ha detto a proposito delle cosiddette «estreme». Cosa sono? Sono quelle componenti delle coalizioni che si caratterizzano, quasi sempre, perché rappresentano posizioni più radicali, «estreme» appunto. E che anche noi abbiamo spesso criticato: non per quel sano carico di utopia che immettono nellagone politico, ma per il grado di irragionevolezza che spesso percorre le loro idee. E se lutopia può anche essere utile, lirragionevolezza in politica è sempre negativa perché non mette in primo piano i bisogni della società ma quelli del proprio elettorato, che talora sono solo bisognini. Le ali «estreme» non sono un problema solo per lItalia. Basterebbe chiedere a Gerhard Schröder, che dellargomento è divenuto esperto.
Montezemolo ha parlato anche di unaltra questione: della richiesta, rivolta allUnione Europea di una fiscalità di vantaggio. Cioè di una fiscalità che non sia un privilegio di una parte del Paese o di singole categorie, ma che sia concepita a partire dal diverso grado di sviluppo e di condizioni oggettive nelle quali si trovano le diverse zone sociali ed economiche del Paese. Noi riteniamo che sia una preoccupazione giusta, ma riteniamo anche che sarebbe forse il caso di lanciare un dibattito di più vasta portata. Sarebbe da chiedersi, cioè, se veramente sia il caso di lavorare ancora, in Europa, per larmonizzazione fiscale dei vari regimi nazionali o se non sia invece il caso di porre anche la questione di una possibile competitività tra i diversi regimi. Diciamo questo perché nel primo caso comunque si tratterà sempre di elemosinare deroghe, statuti speciali, legislazioni particolari. In una parola: eccezioni nei confronti di una norma. E quello che più ci preoccupa è che, in questo modo, ci sarà sempre qualcuno che deve decidere in nostra vece.
Ovviamente è solo una nostra, modesta opinione, che è appunto modesta, ma che è anche opinione. Così come le altre che abbiamo sempre espresso sulloperato dellavvocato Luca Cordero di Montezemolo.
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