Il loro dramma? La nostra fortuna

La concorrenza sul turismo sarebbe feroce Ma per il resto abbiamo tutto da guadagnare

Quando un malato è stato utilizzato per sperimentare ogni genere di cure sbagliate ed è ormai in fin di vita è difficile dire se, giunto a questo punto, gli converrebbe scappare dall’ospedale dei pazzi o stare dentro, confidando almeno sul respiratore artificiale. La Grecia si trova in questo dilemma. Uscendo dall’euro rischierebbe di perdere i miliardi di aiuti promessi aggiungendo al danno la beffa e rischiando l’implosione economica definitiva; rimanendo nella moneta unica, invece, non si toglierà mai dal tavolo della tortura, condannata all’incertezza e al ricatto fino all’ultimo secondo per ricevere l’assegno di sostentamento. Tra la fame e il giogo forse vale la pena di rischiare la fame. Se l’Europa fosse responsabile e non continuasse a fare esperimenti sulla pelle di un intero popolo la soluzione più logica sarebbe quella di far uscire la Grecia dall’euro, ma senza negargli gli aiuti, in pratica accompagnandola verso un futuro autonomo, minimizzando i danni alla popolazione.

Purtroppo non sarà così: se la Grecia dovesse abbandonare la moneta unica rompendo così il dogma della sua indissolubilità, è probabile che vi siano forti interessi a mostrare caos e disperazione come monito per gli altri «ribelli». La cosa del resto non è difficile dato che, al contrario dell’Italia, Atene non ha praticamente più un serio apparato produttivo, atrofizzato dall’illusione della moneta forte, e ormai importa circa l’80 dei suoi consumi che si moltiplicherebbero di prezzo una volta tornati alla dracma. Quello che per noi sarebbe benefico, per la Grecia sarebbe un dramma. Il «grexit» per l’Italia significherebbe, comunque, un’ulteriore sfida: a fronte dell’egoistico «risparmio» sulle quote di aiuti finora promessi alla Grecia dovremmo affrontare una feroce concorrenza su alcuni settori economici strategici (si pensi all’olio e alla frutta) come anche sul turismo, dato che le spiagge dell’Egeo tornerebbero estremamente economiche. Va anche considerato che, simmetricamente, Atene diverrebbe un mercato chiuso per i nostri prodotti che diventerebbero troppo cari per poter essere comperati dai greci. Questi svantaggi iniziali, però, sarebbero un segnale della possibilità di un nuovo inizio, una consapevolezza che il mondo non finisce per una moneta e che, se si è imboccata una strada sbagliata, si può anche pensare di tornare indietro, non solo accelerare in avanti verso dove non si vuole andare.

Anche solo il fatto che si possano abbandonare i dogmi e iniziare a parlare di

costi/benefici (magari scoprendo che i nostri rischi di esecuzione sarebbero ben inferiori rispetto a quelli degli sfortunati greci) rappresenterebbe per l’Italia una conquista di importanza fondamentale.

Twitter: @borghi_claudio

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