"L'oro del Reno", atmosfere (un po') fantasy. "Una narrazione scenica legata al libretto"

Il musicologo Targa: "Wagner denuncia la natura violata"

"L'oro del Reno", atmosfere (un po') fantasy. "Una narrazione scenica legata al libretto"
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«Il messaggio che Wagner affida al Ring è atemporale, come lo è il mito e ogni epoca interpreta tale messaggio secondo la propria sensibilità. Se, fra le molte cose di cui ci parla, volessimo individuarne una attuale, suggerirei l'urgenza ecologica». Wagner è stato il primo compositore a denunciare «lo scandalo di una natura violata dalla tecnologia e le conseguenze nefaste che ne derivano», così il musicologo Marco Targa che alla vigilia, in veste di relatore, ha incontrato il pubblico per parlare del «Ring» di cui fa parte «L'oro del Reno», prologo al debutto lunedì e di nuovo in scena oggi al Piermarini (e ancora il 3, 5, 7 e 10 novembre). Serata di grande attesa, Scala sold out, molti stranieri, «che hanno tanto rispetto per questo teatro e per la sua musica», afferma la cantante lirica Mercedes Sandron, in platea. Confermano le maschere in sala, a pochi minuti dall'opera annunciata da un'enorme mano dipinta sul sipario; «molti turisti, spesso più vicini al mondo della lirica, specializzati». Tedeschi, austriaci, francesi.

L'ora è arrivata, il sipario aperto per due ore e trenta, a parte qualche calata per i cambi di scena. Aprono le ninfe Woglinde, Wellgunge e Flosshilde (figlie del Reno, incaricate di proteggere l'oro); mani enormi, il primo quadro; c'è il nano Alberich. Altro scenario: le scale, la comparsa del dio Wotan e della moglie Fricka, i giganti, Freia: tutto procede, cupamente, figure (abbastanza) statiche. La musica, con sul podio la direttrice australiana Simone Young, come da lei promesso è «trasparente», ma la potenza... Tutto ben fatto, ben eseguito, con l'orchestra della Scala appena uscita dalle mani del big Petrenko, a Milano per «Il cavaliere della rosa» di Strauss. Il lavoro del regista scozzese David McVicar legato al testo. Le considerazioni non mancano. «La regia del nuovo Ring scaligero rinuncia a confrontarsi con la complessità dell'universo simbolico wagneriano, scegliendo la via più semplice della narrazione scenica, aderente al significato letterale del libretto - spiega Targa - È vero che, in tempi di riscritture registiche postmoderne di ardua decifrazione e spesso di valore discutibile, la scelta della rinuncia alla complessità potrebbe apparire un valore. In realtà, è l'ennesima dimostrazione che l'opera wagneriana non può essere affrontata se non in maniera problematica, provando a suggerire, tramite l'elemento scenico, la vertiginosa profondità polisemica che anima i suoi drammi». Finale di serata con l'uscita degli artisti: l'applusometro non registra il massimo. Forse c'è un po' di delusione.

Un debutto che ha diviso. Pensando pure che lunedì sera «c'era, contemporaneamente, L'oro del Reno a Monaco - spiega il giornalista e critico d'opera Alberto Mattioli - con la regia di Tobia Kratzer, uno dei grandi registi di oggi».

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