«Luigi ha già chiamato mamma tranquilla, stiamo tutti bene»

Alberto Vignali

da La Spezia

Ieri alle Grazie era il giorno della festa patronale. La notizia dell'attentato in Afghanistan l'hanno portata prima i tam-tam dei telefonini che i notiziari. Alle sei il paese era già sveglio, chi andava a lavorare, chi aveva passato la notte nei bar aperti per ospitare i pellegrini e chi si era svegliato perché un collega, aveva chiamato al telefono: «C'è stato un attentato. Sai ci sono quattro feriti dei nostri. Pella è quello che sta peggio, ma non sono in pericolo di vita».
Il borgo delle Grazie, tremila persone con una base militare a fare da corona alla comunità è anche questo. E così, il fuso orario, il contatto costante, fraterno, tra questi uomini che per vocazione hanno deciso di mettere la propria vita al servizio della patria vestendo una divisa, ha fatto il resto. Un ponte tra Herat in Afghanistan e Le Grazie, sino verso l'Irak dove ancora oggi ci sono i «baschi verdi» e poi ancora sino in Libano dove gli incursori sono arrivati per primi giorni fa.
Luigi Romagnoli (31 anni) è nato a Rapallo, Stefano Pella (33 anni) è di Premosello Chiovenda (Verbania), Ciro Fujani (29 anni) è nato ad Agropoli (Salerno) e Michele Spanu (31 anni), che gioca nella squadra locale di calcio come tanti suoi colleghi primi di lui, è di Olbia. Eppure ormai la loro vita è alle Grazie, vivono nella cittadella militare del Varignano e in questo paese dove tanti di loro hanno casa e famiglia.
«La nostra vita è questa - confida un militare che con il figlio passeggia ai giardini - sappiamo quali rischi comporta il nostro lavoro, sappiano cosa può accadere, sappiamo a cosa andiamo incontro ogni volta che partiamo in missione. Lo sanno le nostre famiglie quando usciamo di casa. Siamo in contatto con loro ed è questo spirito di gruppo che ci rende forti».
Un ponte che arriva sino a Rapallo, dove vive la mamma del tenente di vascello Luigi Romagnoli. «Luigi ha perso il papà, Roberto, pochi mesi fa. Ci ha chiamato prima, sta bene, ha parlato con la mamma, per rassicurarla. Siamo in pensiero - a parlare ci pensa una zia, la mamma vuole stare tranquilla, aspetta di risentire il figlio al telefono - ha detto di stare sereni, ma non è facile. Luigi ha una bimba piccola, presa in adozione. È un ragazzo di grande cuore. Ci ha detto che è preoccupato per il suo amico, uno dei suoi uomini, credo mi abbia detto il nome, si chiama Stefano».
E poi ancora nello spezzino, a Santo Stefano Magra dove vive l'ex compagna di Stefano Pella, che nell'attentato terroristico ha riportato la frattura della tibia e un trauma cranico. «Mi hanno chiamato i suoi colleghi - dice Cristiana - per tranquillizzarmi. È parecchio che non sento Stefano. Questa mattina ho saputo dell'attentato. Non ho proprio voglia di dire altro».


Alle Grazie ci sono le mamme, le mogli ed i figli dei militari del Comsubin che sono in missione all'estero. E questo vuol dire in Iraq ed in Libano, non solo in Afghanistan. Sono state ore d'ansia per tutti, perché in fondo è tutta una grande famiglia. Dove le emozioni e le paure si condividono.

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