Lungo viaggio nel cervello per conoscerne le anomalie

Un viaggio al centro del cervello, per osservare in vivo i processi neuronali che stanno dietro a pensieri ed emozioni, ma anche per approfondire la conoscenza delle malattie neurodegenerative, diagnosticarle precocemente o valutare l'efficacia delle terapie. Potere del neuroimaging e di tecniche come risonanza magnetica (RM) e tomografia ad emissione di positroni (Pet). Sempre più raffinate, sempre meno invasive e rischiose per il paziente. «La risonanza magnetica, in continuo sviluppo, fornisce immagini di estrema accuratezza morfologica e, grazie all'introduzione di nuove tecniche quantitative e funzionali, è in grado di rilevare le alterazioni sia di struttura che di funzione, associate alle principali malattie del sistema nervoso centrale», afferma Massimo Filippi, professore di neurologia, unità di neuroimaging, divisione di neuroscienze IRCCS e università Vita-Salute, San Raffaele di Milano.
La sclerosi multipla (colpisce in Italia circa 68mila persone) rappresenta uno dei campi più interessanti, nell'applicazione delle tecniche di neuroimaging. Queste metodiche, infatti, permettono di misurare, l'impatto di nuovi trattamenti sulla perdita di volume cerebrale (o atrofia), aspetto normale del nostro invecchiamento, che però nelle persone con sclerosi multipla avviene in modo da 3 a 5 volte più rapido. «Misurando l'atrofia cerebrale in una persona colpita da sclerosi multipla, possiamo sapere se una determinata terapia è più o meno efficace, ovvero se è in grado di rallentare il processo degenerativo», spiega Giancarlo Comi, presidente della Società italiana di neurologia (Sin). «Si tratta di una misura oggettiva e riproducibile che ci sta dando informazioni importanti, per capire la portata delle terapie innovative». Un'altra tecnologia, come la Pet, basata sull'osservazione del consumo di glucosio, in sistemi cerebrali specifici, permette invece di valutare in maniera quantitativa le alterazioni dei sistemi di neurotrasmissione.

«La positività dei biomarcatori delle alterazioni del metabolismo del cervello, ci indica , già in fase precoce, che il soggetto potrà sviluppare una demenza», sottolinea Daniela Perani, docente di neuroscienze all'università Vita-Salute, San Raffaele.

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