L'Unione Europea convoca un summit straordinario sulla crisi libica

Soddisfazione del governo italiano che aveva caldeggiato una riunione ad hoc. Berlusconi porrà il problema della necessità di condividere i flussi migratori a livello europeo. Possibile congelamento di beni e società legate a Gheddafi.

Dopo il varo di sanzioni rafforzate rispetto alle Nazioni Unite arriva anche la convocazione di un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo sulla questione libica. L'Unione Europea si mobilita per fronteggiare la crisi in atto in Libia e in tutto il Maghreb e mettere a punto una strategia comune di risposta. Il presidente permanente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha convocato i leader dei 27 a Bruxelles venerdì 11 marzo. Il summit straordinario - sollecitato nei giorni scorsi da Silvio Berlusconi - sarà dedicato alla valutazione della situazione in Libia e negli altri Paesi del Nord Africa e alla messa a punto di nuove iniziative.
La decisione di Van Rompuy è stata accolta con grande soddisfazione dall'Italia. Nel pomeriggio, in un colloquio telefonico con Silvio Berlusconi, i due hanno avuto uno scambio di opinioni sulla crisi in Libia. Berlusconi ha ringraziato Van Rompuy per la decisione di convocare il vertice, una riunione di cui avevano già discusso nei giorni scorsi. Il summit dell'11 marzo sarà anche l'occasione per riproporre il tema della condivisione di un'eventuale emergenza immigrazione dopo l'accoglienza tiepida riservata su questo fronte nei giorni scorsi alle parole del ministro dell'Interno Roberto Maroni dai suoi colleghi europei. La commissaria europea per gli affari interni Cecilia Malmstrom ha ribadito oggi che è «inutile fare speculazioni» sull'afflusso di immigrati dalla Libia, ma bisogna «essere pronti a tutto». Oltre all'Italia, la convocazione de vertice straordinario - che precederà il summit dei Paesi dell'Eurogruppo dedicata alla risposta globale da dare alla crisi economica fissato per il pomeriggio - è stata chiesta a gran voce dal presidente francese Nicolas Sarkozy e sostenuta da altri Paesi come la Spagna e la Gran Bretagna.
Nel frattempo a Bruxelles si sta procedendo a compiere i passi necessari per arrivare al più presto possibile all'applicazione delle sanzioni, compreso il congelamento dei beni facenti capo a Muammar Gheddafi e al suo entourage, decise lunedì. Un regolamento Ue è pronto, fanno sapere fonti europee, e sarà approvato nelle prossime ore dai Paesi membri. Con la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione - attesa al più tardi per giovedì prossimo - le sanzioni diventeranno esecutive e tutti i Paesi membri saranno obbligati ad applicarle. Ma questa probabilmente, rilevano le stesse fonti, non sarà la fine della storia. «Tutte le opzioni restano aperte, compresa l'estensione delle sanzioni», ha detto oggi Micheal Mann, nuovo portavoce dell'Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton. La posizione del nostro Paese è chiara e non ammette ambiguità. «L'Italia deciderà in stretta sintonia con l'Unione Europea, la Nato e l'Onu» in merito a qualunque tipo d'intervento sulla Libia, ha sottolineato Berlusconi, come d'altronde è già successo
per le sanzioni decise al palazzo di Vetro e ieri a Bruxelles. In sede europea si starebbe anche valutando la possibilità di applicare il congelamento dei beni a società legate a Gheddafi e diversi Paesi, tra i quali la Francia, la Germania e anche l'Italia, guarderebbero con favore a questa ipotesi per evitare colpi di mano e turbative di mercato. Per ora a Bruxelles si conferma che la lista compilata dall'Ue contiene solo nomi di persone fisiche e non di società. Ma la Gran Bretagna, ad esempio, ha già deciso autonomamente di bloccare la partecipazione della Lia (la Lybian Investment Authority, società che controlla anche quote di Unicredit e Finmeccanica) nel Gruppo Pearson, ovvero la società editrice del Financial Times. La Libyan Investment Authority possiede circa il 3,27% del gruppo britannico. D'altra parte è già accaduto in passato che sanzioni inizialmente mirate sul congelamento dei patrimoni di persone fisiche siano state poi allargate fino a ricomprendere anche gli asset societari.
Non tutti, però, ritengono che la via delle sanzioni sia quella davvero più efficace. Per la Turchia le sanzioni imposte dall'Onu alla Libia sono una misura che «non può sortire alcun effetto utile, come dimostrato in passato dall'esperienza irachena» ma, al contrario, rischiano di «colpire la popolazione civile». Una posizione espressa dall'ambasciatore turco a Roma, Hakki Akil. L'ambasciatore ha precisato che Ankara «rispetta la decisione dell'Onu» ma ha indicato come via preferenziale quella del «dialogo» e della «pressione politica» su Muammar Gheddafi. Mario Mauro, presidente dei deputati Pdl a Strasburgo, ha invece rivelato l'esistenza di una lettera inviata da Catherine Ashton al presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, nella quale l'Alto Rappresentante per la Politica Estera ha esposto la necessità di una profonda e sostanziale revisione delle strategie Ue di vicinato, attraverso una politica molto più ambiziosa e più politica, con una maggiore attenzione sull'institution building e alla società civile».

Una missiva che, secondo Mauro, testimonia come «si stia sgretolando tutta la costruzione di questi decenni in cui l'Ue si è preoccupata solamente degli aspetti economico-commerciali nelle relazioni con i nostri vicini della sponda sud; invece di porre le basi anche per lo sviluppo di una società civile che potesse evolvere in un embrione di democrazia. Questo dovrà essere il nostro impegno per il futuro».

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