"Non si sono mai visti tanti interessi criminali scaricarsi pesantemente, senza neanche il velo della mediazione, sugli enti locali, sulle istituzioni regionali e sulla rappresentanza parlamentare". È il forte allarme lanciato dal presidente della Commissione parlamantare Antimafia, Giuseppe Pisanu, nella sua relazione sugli ultimi due anni di attività dell'organismo di palazzo San Macuto. "Gli organi di informazione, le indagini della magistratura, i primi controlli sulla formazione delle liste ci hanno dato in questo senso conferme inequivocabili", prosegue Pisanu. "Mi chiedo come sia possibile battere militarmente la mafia, se non la si sconfigge contemporaneamente sul terreno dell’economia, delle relazioni sociali, della pubblica amministrazione e della stessa moralità politica". "Dopo l’inabissamento delle cosche, dopo il lungo silenzio imposto alle armi e la parallela espansione delle attività economico-finanziarie, dobbiamo, a maggior ragione, riconsiderare il trinomio mafia-affari-politica come l’espressione di un vero e proprio "sistema criminale"; un sistema che va oltre i confini tradizionali delle singole organizzazioni mafiose, confondendosi e amalgamandosi con la vita ordinaria dell’economia, della società e delle istituzioni".
Sul Mezzogiorno Una impresa meridionale su tre è influenzata in qualche modo dalla criminalità organizzata, ha detto il presidente della Commissione Antimafia. "Il 53% dei referenti del sistema Confindustria del Mezzogiorno reputa la propria area territoriale molto insicura", ha spiegato Pisanu, "e il 42% attribuisce questa insicurezza alla criminalità organizzata e alla illegalità diffusa". È accertato, inoltre, che "circa un terzo delle imprese meridionali subisce una qualche influenza delle mafie, con dati che oscillano tra il 53% della Calabria e il 18% della Puglia".
Di fronte a tutto questo, il presidente Pisanu si chiede "se su questo punto non siamo già in forte ritardo. Infatti, la crisi generale, che colpisce con particolare durezza le regioni e le categorie sociali più deboli, sembra preannunziare una ulteriore, grande sconfitta del Mezzogiorno". "Bisogna riconoscere senza mezzi termini - sostiene Pisanu nella relazione - che la debolezza e la scarsa attrattiva del Sud dipendono in buona parte dalla presenza soffocante della criminalità organizzata. In talune aree, controllando il territorio e le stesse forze produttive, essa riesce perfino a plasmare l’economia locale sui propri disegni criminali".
"A questo fine intimidisce i cittadini, scoraggia l’autonoma volontà di intraprendere e la orienta verso le sue imprese, ponendosi in alternativa allo Stato. In cambio offre i suoi "sostituti assicurativi": e cioè - spiega - una generale protezione nei confronti delle amministrazioni e delle burocrazie locali, dei sindacati e della concorrenza". "Si formano così dei monopoli o quasi monopoli mascherati - conclude - che impongono le loro scelte anche sulle forniture, i mercati di sbocco e il reclutamento della manodopera".
Sulla trattativa Stato-mafia "Lo Stato non può trattare alla pari e ancor meno venire a patti con l’anti-Stato, riconoscendogli sostanzialmente il ruolo di naturale antagonista: proprio quello che voleva la logica "viddana" di Totò Riina". È quanto scrive il presidente della commissione Antimafia, Giuseppe Pisanu.
"Non mi pare che lo Stato in quanto tale abbia mai ceduto", afferma Pisanu anche se, aggiunge, "non nego, tuttavia, che aspetti ancora oscuri del ’92-’93, dalle ombre dei servizi segreti alla gestione del 41 bis, abbiano dato fondamento a timori e sospetti".
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