Finora lo scontro frontale tra giudici e governo sul tema dell'immigrazione era rimasto affidato, per quanto riguarda le toghe, alle dichiarazioni degli esponenti delle correnti o di singoli magistrati (oltre che, come ormai noto, agli sfoghi nella mailing list e nelle chat interne). Ma la nuova puntata apre una fase "istituzionale" dello scontro, perché a scendere in aperta polemica col governo sono i presidenti di tutte le Corti d'appello d'Italia, i magistrati più alti in grado dei distretti in cui si articola l'amministrazione della giustizia nel nostro paese. La lettera che il Giornale ha potuto leggere, e che riporterà nella edizione di domani, 22 ottobre, porta le firme di ventisei presidenti di Corti d'appello su ventisei: una unanimità compatta, da Trento a Caltanissetta, e che comprende magistrati di ogni orientamento correntizio. Destinataria, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e insieme a lei il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo collega dell'Economia Giancarlo Giorgetti.
Alla premier e a Nordio, i ventisei chiedono di fare retromarcia su un aspetto cruciale della riforma del sistema dell'immigrazione, introdotto con "il decreto-legge in materia di protezione internazionale approvato dal Consiglio dei Ministri in data 2.10.2024". È il più recente dei provvedimenti destinati, nei piani del governo, a rendere più efficace il sistema dei respingimenti. Ma al suo interno il decreto contiene un comma che ha sollevato la protesta compatta dei capi delle Corti d'appello. È il comma che prevede che si possa ricorrere in appello contro i provvedimenti dei tribunali territoriali sulla concessione o meno della "protezione internazionale", ovvero di accoglimento in Italia dei migranti. Finora, questi provvedimenti non erano appellabili e diventavano immediatamente esecutivi, l'unico ricorso possibile era in Cassazione. Ora viene introdotto un nuovo grado di giudizio, destinato - secondo l'allarme dei ventisei firmatari - a intasare tutte le Corti, sommerse da migliaia di pratiche che non saranno in grado di smaltire.
Apparentemente, può essere solo una questione tecnica, ennesimo capitolo delle continue lagnanze dei giudici italiani sulle mancanze di risorse. In realtà, lo scontro che si è aperto è tutto legato alla politica governativa sull'immigrazione. Perché l'innovazione contenuta nel decreto del 2 ottobre, ovvero la possibilità di ricorrere in appello, non è (come potrebbe sembrare) finalizzata a tutelare solo gli immigrati. Anzi. La vera finalità sarebbe rimediare alla eccessiva generosità con cui i tribunali accolgono le richieste di accoglienza. Dietro questa facilità, sospettano al ministero, c'è la presenza quasi egemonica di giudici delle correnti di sinistra all'interno delle sezioni specializzate in immigrazione, soprattutto di alcuni tribunali.
Dando la parola alle Corti d'appello il governo sarebbe convinto di ottenere decisioni meno pregiudizialmente schierate a favore dei migranti. Molte richieste di accoglimento accolte in primo grado potrebbero venire annullate.
Sarebbe effettivamente questa la conseguenza? I firmatari della lettera alla Meloni non entrano nell'argomento, limitandosi a affrontare il tema del carico organizzativo ("insostenibile") della riforma. Ma che il vero oggetto della contesa sia quello, appare abbastanza chiaro. E si capisce perché il governo non abbia alcuna intenzione di fare retromarcia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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