Otto gradi di giudizio. L'inchiesta da guardoni che non doveva neppure arrivare in tribunale

Siamo al paradosso, la giustizia si nutre di se stessa, e insiste a perseguitare l'ex premier

Otto gradi di giudizio. L'inchiesta da guardoni che non doveva neppure arrivare in tribunale

Non esiste una farsa processuale più cretina, inutile, arcitaliana, simbolo del denaro pubblico buttato via, celebrazione della magistratura più accanita e ossessionata, emblema del guardonismo in cui è sguazzato anche il giornalismo finto autorevole, immagine della più squallida speculazione politica approdata in Parlamento, emblema della più miseria portineria piccolo-borghese elevata al rango di classe informata, rappresentazione dell'essere processati più volte e persino da morti (con l'avvocato morto pure lui) per uno stesso reato che non costituì reato, raffigurazione voyeurista dell'invidia sociale travestita da risentimento moralistoide, giustificazione del qualunquismo di chi dice, poi, che ladri e stupratori intanto girano liberi, perfezione degenerativa con otto anni per un primo grado di giudizio dopo tre anni di indagini, persecuzione per una schiera di ragazzine private di una libera gestione del loro corpo, dimostrazione dell'uso effettivo delle intercettazioni invocate dai mafiologi senza più mafia, dimostrazione definitiva che il sonno della ragione giudiziaria produce mostri: perché Silvio Berlusconi è stato assolto dall'accusa di prostituzione minorile e concussione (gennaio 2014, marzo 2015) perché «il fatto non costituisce reato», ma è bastato spostarsi di sezione e il fatto è diventato reato per l'ottantottenne (ai tempi) Emilio Fede mentre per un terzo filone, riformato ieri, Berlusconi era stato ancora assolto con un'altra ventina di persone e questo tre mesi prima che morisse, ma non bastava, perché non esiste una farsa processuale più cretina, inutile e arcitaliana.

Era un processo imperniato su presunte false testimonianze delle citate ragazzine, ma intanto il reato è andato in prescrizione, però è rimasto in piedi il reato di «corruzione in atti giudiziari» nel senso che le ragazzine sarebbero state corrotte per mentire su un fatto «che non costituisce reato». Quello che si tornerà a celebrare, ergo, è il primo maxi-processo per falsa testimonianza della storia d'Italia: servirà (si fa per dire) a ri-ristabilire se chi è andato in aula per difendere Berlusconi l'abbia fatto mentendo: e non importa se alla fine c'è stata un'assoluzione, perché ormai la giustizia si nutre di se stessa, si fanno dei processi per dei reati legati ad altri processi, tanto ci sono stati dei testimoni, al processo Ruby, che sono entrati da liberi e che ne sono usciti da processati, poi assolti e ora riprocessati, anche se Berlusconi è stato assolto, anche se Berlusconi è morto.

Nell'insieme è un capolavoro, un fallimento che vanta, da ieri, otto gradi complessivi di giudizio col «processo Ruby» che nel tempo è stato anche spezzettato a Monza, Treviso, Roma, Pescara, Siena, Torino e poi ancora Milano, e con una delle testimoni chiave, Imane Fadil, che è stata trovata morta con tanto di indagine per omicidio: anche se morì, si appurò poi, per cause naturali, ma lo seppe dopo che l'ombra di un Berlusconi «assassino» era stata fatta balenare per anni. E così Imane Fedil è morta, Berlusconi è morto, il suo avvocato Niccolò Ghedini è morto, Emilio Fede ha 93 anni, l'ex minorenne Karima el-Mahroug detta «Ruby» ha 31 anni e ieri ha rilasciato un'intervista al New York Times, la pm che istruì il primo processo Ruby, Ilda Boccassini, è andata in pensione, la pm che istruì il processo che andrà rifatto, Tiziana Siciliano, ha 70 anni e ora si occupa dell'urbanistica milanese (troppo eretti quei grattacieli) ed è la stessa pm che durante un'audizione alla Camera, nel 2022, disse «io sono una casalinga prestata alla magistratura», e aveva pianamente ragione, perché questo Paese è suo, siamo la sterminata Voghera di Alberto Arbasino e Tiziana Siciliano.

È un Paese in cui nessuno ha mai creduto a un Berlusconi puro come un giglio di campo, e in cui nessuno ha neppure creduto a un Berlusconi concussore e voglioso corruttore di minorenni. È un Paese tuttavia in cui il famigerato senso comune ha superato da un pezzo ogni scartoffia di tribunale perlomeno sul caso Ruby: non dividendosi sinceramente più, nel 2024, tra chi pensa che l'affare Ruby corrisponda a dei fatti privati senza importanza e chi, invece, pensa ancora che sia una materia per concussioni su tratte di minori; persino il senso comune è andato oltre, persino quella portineria che ormai siamo tutti è approdata al nuovo millennio.

Ad Arcore, ex dimora dell'ex presidente del Consiglio Berlusconi, il privato cittadino Berlusconi organizzava serate di vario tipo: alcune di queste serate si concludevano in una discoteca privèe con una specie di casting che consisteva nell'essere invitate a cena da personaggi dedicati: chi voleva, alla fine, poteva scendere in questo privèe, ma non era obbligatorio. Le ragazze si travestivano, ballavano, facevano le sceme, si mettevano in mostra per essere le favorite del padrone di casa. L'ultimo step era scegliere se fermarsi a dormire (opzione che molte cercavano di favorire) e il resto a discrezione, compresa la facoltà del proprietario di fare regali, favori o, come si dice, di rimborsare le spese. Prostituzione? Ognuno ha giudicato secondo moralità personale, poi però è andato oltre, anche perché in qualsiasi caso la presunta prostituzione non è un reato, in Italia. Una sera, però, comparve anche una minorenne, e Berlusconi fu così pazzo da non venirlo a sapere immediatamente: se l'avesse saputo subito non sarebbe stato così stupido da cercarsi guai e far finta di niente: non ne aveva motivo né necessità. Berlusconi cercò di liberarsi del problema ma pasticciò pure, e lo fece da presidente del Consiglio, fece sicuramente casino, fu tutto un casino, come tante altre cose dette in quei mesi: il processo Ruby fu il più rumoroso, mondialmente sputtanante e al tempo stesso il più semplice da capire. Infatti fu un processo pre-giudicato dall'opinione pubblica, e per la procura sapeva di sconfitta anche dopo la vittoria in primo grado.

La verità è che doveva fermarsi in fase preliminare, non andare neppure a giudizio, non esistere neanche: gli elementi e i testimoni sono sempre rimasti quelli. Il Paese è andato oltre, ma la magistratura, dal Paese, è ormai distante anni luce.

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